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CAPITOLO 2
Il festeggiato
«Qualcosa che non va?», le chiese notando lo sguardo perplesso con cui lo aveva osservato mentre le teneva aperto lo sportello.
«No, no», si affrettò a rispondere, «Solo non mi aspettavo di vederla vestito… cioè senza tonaca».
«Oh, stasera è una serata tra amici, non mi occorreva la formalità del mio abito talare. Le suona strano?».
«Solo un po’, ma sta bene, davvero», e in effetti come negare l’eleganza innata che traspariva da quell’uomo? La giacca gli donava, indiscutibilmente. “Ok, cambia registro! Subito”, rispose mentalmente adeguandosi al consiglio spassionato. «Saremo in molti?», domandò per cambiare argomento.
«Una ventina di persone, tra cui due cugini con cui sono cresciuto, amici d’infanzia… e le confesso che in mezzo a loro si nasconde anche una vecchia fiamma, la mia ultima fidanzata, siamo rimasti in ottimi rapporti, senza accenno di rancore, ho anche battezzato suo figlio!».
«Una bella combriccola», si era soffermata un secondo di troppo sull’informazione relativa alla fidanzata, un fastidio immotivato era apparso a tradimento.
«Se ne farà presto un’idea, temo», ridacchiò mettendo in moto.
La serata trascorse all’insegna dell’allegria, il vino non si fece desiderare e il cibo risultò ottimo e abbondante, fra i mille aneddoti scoprì che il festeggiato insieme ai due cugini ne aveva combinate di cotte e di crude.
Dopo cena si scatenarono con il karaoke coinvolgendo gli altri ospiti e i proprietari della locanda; Ludovica rifiutò categoricamente di partecipare, ma un paio di persone la trascinarono a forza all’asta del microfono e lei fu costretta a esibirsi.
Tornò al tavolo con una mano a nascondere il viso, «Che vergogna!» dichiarò consapevole della propria misera esibizione.
«Per fortuna che non deve cantare per guadagnarsi da vivere», rincarò il cugino Alfredo favorendole la sedia.
«Vi avevo avvertiti, non canto neppure sotto la doccia», sorrise impacciata prendendo posto.
«Dovevamo fidarci della sua parola», osservò Ettore ridendo.
«Se ne ricordi per le prossime occasioni», si accorse di essersi lasciata sfuggire una sottospecie di ammissione sulla voglia di rivederlo e tentò di sviare il discorso, «Ammetto di essermi divertita molto a devastare i vostri padiglioni auricolari».
Rise sonoramente, «Noi un po’ meno, ma va bene lo stesso».
«La ringrazio della serata, era da tantissimo tempo che non mi divertivo così», l’affermazione corrispondeva alla pura e semplice verità, era da un po' che si era reclusa in casa preferendo la solitudine alle compagnie sgangherate che le erano capitate ultimamente.
«Sono io che la ringrazio per aver partecipato, i miei amici sono una combriccola un po’ allegrotta, spero non siano risultati molesti».
«Affatto, sono stati molto simpatici. Mi spiace solo di non averle fatto un regalo, rimedierò per la prossima volta che ci incontreremo».
Colse l’occasione al volo, «Potrebbe provvedere stasera stessa», propose accomodante.
«E come?!», guardò fuori dal finestrino per indicare che tutti i negozi intorno erano già chiusi.
Si era sporto verso di lei, «Potrebbe regalarmi un bacio, è da tanto che non ne ricevo e nessuno ha pensato a impacchettarmene uno».
Rimase con il fiato sospeso, «Non credo…».
«Solo un bacio, niente di compromettente. Le giuro che ci terrei moltissimo», nessuna volontà di arretrare.
Difficile stabilire cosa rendesse la situazione più surreale: lui che si avvicinava lentamente, il suo profumo che si avvertiva sempre più nitido, lo sguardo supplichevole e determinato che le stava lanciando, lei che non trovava la forza di ritrarsi.
Un ultimo barlume di consapevolezza e si fermò a una manciata di millimetri da lei, «Mi scusi, forse non sono stati solo i miei amici ad alzare troppo il gomito. Mi perdoni, non intendevo importunarla mi creda», un sospiro e l’ammissione sofferta, «Ho ceduto alla necessità di un minimo di calore umano. Non accadrà più».
E mentre lo sentì allontanarsi, lo afferrò saldamente dal colletto della camicia attirandolo sempre più vicino.
Occhi negli occhi e il respiro ritmato, posò la bocca sulla sua, e di nuovo, e ancora, fino a schiudergli le labbra, a strisciargli la lingua sui denti, a cercare la sua.
Quel bacio, la passione, la voglia di averne ancora fu più di quanto avesse chiesto e sperato, una necessità prepotente di stringerla a sé si impossessò di lui e lo costrinse ad afferrarla dalle spalle, a spingerla contro il sedile, a finirle addosso.
La sua bocca che lo cercava, il seno che premeva contro il petto, l’odore della sua pelle che lo aveva completamente inebriato.
Si fermarono contemporaneamente, consci di quel limite invisibile e invalicabile che era stato appena infranto.
Lui si spostò passandosi una mano sulla bocca, mentre lei apriva lo sportello e scappava via.
Non si era voltata a guardarlo, non avrebbe saputo distinguere la vergogna dalla voglia di tornare indietro. Sentì l’auto che si allontanava mentre si chiudeva alle spalle il portone di casa.
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