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CAPITOLO 9
Ammissioni
«Chi è?».
«Sono Maurilia, ti disturbo?».
«Certo che no, sali», rispose aprendole il portone.
La accolse sul pianerottolo, «Che piacere vederti», l’abbracciò d’impeto e la baciò sulla guancia, «Come mai da queste parti?».
«Ufficialmente sono passata a restituirti i libri che mi hai prestato, ma la verità e che volevo sincerarmi del tuo stato, è da un po’ che non ti fai vedere».
La fece accomodare in soggiorno e dopo un profondo sospiro rispose, «Mai stata meglio!».
«Mia cara, sarò anche vecchia ma non rincitrullita. Pur volendo evitare di diventare invadente, posso chiederti come stai e aspettarmi da te la verità?».
Si sedette accanto a lei, «La verità? Vuoi che ti dica che non chiudo occhio da quando l’ho visto l’ultima volta? Che penso a lui continuamente? Che non riesco a muovere un passo senza che i miei piedi si dirigano verso la libreria?», un singulto le impedì di proseguire.
«Mi dispiace molto» e sottolineò la frase con una carezza sulla guancia.
«Anche a me, sembra una di quelle storie strappalacrime che ti appassionano tanto», tentò un debole sorriso ma le labbra si incresparono immediatamente.
«Posso chiederti se è così che volevi che finisse?», dalle precedenti discussioni si era resa perfettamente conto della situazione, ma questa era la prima volta in cui l’aveva trovata bendisposta a parlarne.
Tutte le altre volte si era limitata a rispondere annuendo e ricacciando indietro le lacrime prima che diventasse impossibile arrestarle. Lei si era sempre fatta riguardi a insistere, ma sapeva che prima o poi Ludovica avrebbe sentito il bisogno di confidarsi e voleva essere pronta a darle tutto il sostegno di cui fosse capace.
Tentennò, indecisa su come rispondere, «Ti rivelerò una cosa che non ho detto nemmeno a lui», sollevò gli occhi per sottolineare l’importanza della confessione, «Sono stata sposata… per sei anni», attese di verificare l’impatto della notizia, ma la suora non fece una piega, chissà a quante storie sconclusionate aveva dovuto prestarsi come spalla su cui piangere, «Non un matrimonio come il tuo, però. All’inizio sembrava che andasse tutto bene, poi non so cosa sia accaduto, ma lui ha iniziato a tardare in ufficio sempre più spesso, a fare straordinarie e turni festivi. Mi sono insospettita e l’ho seguito».
«Lo hai beccato...», facile intuire l’epilogo della vicenda.
«La segretaria!», guardò la suora con un sorriso amaro in faccia, «Il più scontato dei copioni. E non era nemmeno la prima volta, nell’indagare ho scoperto che mi tradiva in continuazione, e appena la storiella lo annoiava o volgeva al termine lui tornava da me.
Sono risalita a una ventina di storie in quattro anni, ma potevano essere la punta dell’iceberg, chi lo sa?!», si asciugò le lacrime con il dorso della mano, «Da allora non ne ho più voluto sapere di relazioni stabili, non avrei sopportato di essere messa da parte ancora una volta, considerata come il ripiego, quella da cui tornare quando il resto non funziona bene».
«Un grave peso da portare».
«Proprio per quello che mi è accaduto posso risponderti in merito a Ettore: non sarei mai stata la sua seconda scelta. Così come non avrei preteso che lui rinunciasse alla fede, alla vocazione, alla libreria… a tutto quello che ritiene fondamentale.
Allo stesso tempo non potevo permettermi di continuare a costituire un intralcio al suo cammino, o peggio ancora non mi potevo considerare una distrazione passeggera, non lo avrei sopportato.
Io preferisco soffrire adesso e troncare qualsiasi rapporto, piuttosto che trascinarlo per anni, per poi scoprire che lui l’ha considerato un errore. Un incidente, come lo ha definito. Un peccato per cui chiedere perdono a Dio!».
«Deduco che ti sia costato molto dirgli addio».
«Mi ero presa un paio di giorni per riflettere, e avevo già deciso di lasciarlo libero, mi sono comportata da sconsiderata già solo a pensare a lui e volevo dirglielo.
L’unica variazione al mio bel discorsetto l’ho fatta dopo aver sentito cos’aveva da dirmi. Quando mi ha detto chiaramente di considerarmi una brutta macchia sulla sua carriera ecclesiastica, una svista, una debolezza a cui porre rimedio, ho evitato di umiliarmi ulteriormente e non gli ho confessato i miei sentimenti. A cosa sarebbe servito? Io non sono parte del progetto di Dio per lui, questo mi pare chiaro. Ricordo gli insegnamenti cattolici, forse finirò all’inferno per quello che ho commesso, ma magari eviterò di trascinarmelo dietro.
Se facciamo finta che sia stata solo uno scivolone sarà più facile ritornare sulla retta via, a lui sarà concesso il perdono e l’unica dannata in eterno resterò io, in vita o dopo non importa».
«Dovremmo prima stabilire quale sia».
Si era persa nel discorso, «Cosa?!».
«La retta via».
Rispose con un’alzata di spalle, «Ormai non ha più importanza», trattenne il fiato.
«Vuoi sue notizie?», aveva intuito perfettamente la sua necessità, tanto forte quanto la ferma volontà di non cedere chiedendo informazioni.
Annuì lievemente.
«È partito immediatamente, il tempo di fare i bagagli e se ne è andato. Ogni tanto mi chiama per rassicurarmi di stare bene, non lo ha sfiorato minimamente il dubbio che io sia a conoscenza della vostra relazione. Gli ho fatto notare che mi sembrava un po’ depresso e lui ha replicato che era stanco per lo scombussolamento del trasferimento.
Non so dirti altro. Quando ci siamo salutati aveva le lacrime agli occhi, ma non sono sicura che fossero per me. Continuava a guardare verso la porta, come se si aspettasse di veder entrare qualcuno da un momento all’altro», la scrutò certa che avesse afferrato l’allusione.
Scrollò il capo con decisione, «Passerà…», più un commento ai pensieri che le vorticavano nella testa che rivolto al resoconto della suora.
«Ne sono certa mia cara, il tempo esalta i sentimenti importanti fissandoli nel cuore e nella mente per sempre, mentre sbiadisce quelli passeggeri, fino a farli divenire nebbia. È in questo modo che ti aiuta a comprendere la differenza».
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