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CAPITOLO 10
Atto di fede
Se solo gli avesse dato modo di spiegarsi meglio,
sarebbe venuta a conoscenza delle sue reali perplessità, che non concernevano
fede o religione, ma la capacità di amarla come lei meritava.
Se gli avesse chiesto conto dei suoi sentimenti
avrebbe appurato che erano sinceri e che in loro nome sarebbe stato disposto ad
abbandonare il suo credo e la sua vocazione pur di abbracciare quello che
vedeva come l’unico atto di fede a cui non sarebbe stato possibile sottrarsi:
lei!
Se non lo avesse interrotto bruscamente, le avrebbe
parlato della propria decisione e della risposta che avrebbe dato la sera
stessa a Don Severino: lo avrebbe ringraziato per le sue parole di conforto e
per la fiducia e il sostegno che aveva sempre dimostrato nei suoi confronti, ma
avrebbe anche dovuto ammettere che nessun trasferimento, nessuna lontananza
sarebbe stata sufficiente per cancellare Ludovica dai propri pensieri.
Nel barattare libri e sacerdozio con una vita al fianco
della donna di cui si era innamorato di sicuro il suo cuore ci avrebbe
guadagnato, visto che riprendeva a battere solo in sua presenza, e si sopiva
appena lei si allontanava.
Eccola la decisione di cui voleva metterla al
corrente, quella di spogliarsi per dedicarsi a lei completamente.
Non l’aveva presa alla leggera, e ci aveva riflettuto
a lungo ritenendola l’unica strada praticabile, quella che lo avrebbe condotto
all’estasi tanto agognata.
In effetti si era reso conto che quel moto interiore
che si era incaponito a cercare nei libri, e che non provava più da molti anni,
lo aveva ritrovato in lei. Dio gli aveva parlato di nuovo, e non era servito
scorrere pagine e pagine di testi antichi, si era manifestato in quella donna
attraente e intuitiva, seducente e tenera, disarmante e unica. Incarnava ogni
desiderio inespresso e inconscio potesse esistere in lui.
Tanto era bastato per sciogliere ogni dubbio.
Ma nel sentirla esporre le proprie ragioni, rimase
senza parole, il mondo si sgretolò tutt’intorno a lui e si ritrovò solo
sull’orlo di un precipizio.
Accettò in silenzio la sua decisione, non provò ad
insistere, non la cercò più, così come non le chiese ulteriori spiegazioni.
Quel “Non abbiamo altro da dirci” e
il suo rivolgersi a lui con il “Don” erano stati abbastanza eloquenti.
Per sua stessa ammissione, la loro storia era stata un
semplice diversivo, un riempitivo, un passatempo, reso più stuzzicante dalla
componente proibita, ma nulla di più, altrimenti non sarebbe stata così pronta alla
rinuncia, altrimenti avrebbe cercato di trattenerlo, altrimenti… sarebbe
rimasta con lui…
Si adeguò al rinnovato consiglio di Don Severino, che
tralasciò il tono stravolto con cui gli parlò, lo rassicurò che si sarebbe
risolto tutto per il meglio e si adoperò per un repentino trasferimento a
Torino.
La città lo distrasse con tutte le meraviglie che
poteva offrire, la biblioteca che gli fu affidata lo accolse con gli scaffali
che parevano offrire un rifugio sicuro da una moltitudine di malumori, e persone
bendisposte si prodigarono per tenergli delle lezioni sui testi sacri di cui
intendeva approfondire la conoscenza.
Così trascorse quell’anno sospeso.
Le giornate risultarono facili da riempire, le
attività non mancavano e occupare tempo e pensieri era abbastanza semplice.
Le notti… quelle erano crudeli e dispettose, quando al
tentativo di socchiudere gli occhi per donarsi al sonno le immagini diventavano
nitide e irrispettose a tradimento.
La sensazione della pelle sotto le dita risultava
amplificata dal ricordo. Il profumo dei suoi capelli si materializzava nella
stanza buia e lei avanzava verso di lui, nuda, offrendosi come aveva già
sperimentato in un’altra vita, quando si era concesso il raro privilegio di
vivere da uomo.
Il tormento lo scuoteva impedendogli di trovare pace e
grazia. Nessun perdono divino sarebbe bastato a placare la sete di lei, e così
notte dopo notte, dopo notte... dopo notte…
Al mattino si riprometteva di stancarsi abbastanza da
ritornare a casa esausto, ma puntualmente, lei si ripresentava. I baci
diventavano umidi sulle sue labbra, gli occhi lo fissavano come un dono
prezioso, ogni piega di quel corpo aggraziato e liscio si offriva a lui con il
ricordo vivido di tutte le volte in cui lo aveva fatto suo.
E poco importavano le motivazioni per cui lei si era
concessa, il proprio cuore rifiutava qualsiasi spiegazione, lui la rivoleva e
basta, non era disposto a scendere ai compromessi che il suo proprietario aveva
accettato: pulsava più forte nel ripensare a lei, a quel primo bacio agognato e
temuto, quando la pulsione divenne incontenibile e si ritrovò serrato a lei
senza averlo programmato. La certezza di aver commesso un grave errore
mescolato al desiderio di averne ancora.
La ferma volontà di rivederla, di dirle che non aveva
mai provato nulla di simile in tutta la sua vita, di chiederle tutto di lei,
baci, carne e anima.
E nel vederla riapparire al negozio non si accorse di
aver esultato, troppo preso dal riempirsi la vista dei suoi occhi, delle gambe
messe in risalto da quella gonna troppo corta, il seno che sporgeva dalla blusa
leggera. Era certo che non si sarebbe presentata e che avrebbe mandato qualcun
altro per risolvere il fantomatico problema degli ordini dei libri con cui
l’aveva fatta convocare.
Quando la spinse contro il muro non si era soffermato
a soppesare la gravità delle conseguenze, tradito dal suo corpo che tradusse in
azioni ogni desiderio tenuto malamente a bada.
E ancora ricordava i due giorni trascorsi a
convincersi che non fosse accaduto, cercando di cancellare dalla memoria la
pienezza sperimentata da quell’unione imprevista, repentina e irresponsabile.
Doveva rivederla, aggirando l’ostacolo del buonsenso,
raccontandogli che sarebbe andato a casa sua solo per scusarsi del
comportamento riprovevole, promettendole che non sarebbe mai più accaduto… e
invece si era ritrovato ancora addosso a lei, e dentro… sfogando qualsiasi
istinto come se si fosse trasformato in un animale rinchiuso troppo tempo in
una gabbia. Preoccupato per la foga dimostrata, tentando di trattenersi per non
causarle alcun dolore, timoroso di aver ecceduto nel lasciarsi andare a una
libidine senza freni. E alla sua rassicurazione, quando lei lo incitò con un
semplice “Continua, non fermarti”,
lui non si diede più limiti.
Da quel momento in poi gli bastava una semplice
occhiata per prendere fuoco, per desiderare che arrivasse presto la sera per
correre a casa sua, per iniziare a sbottonare la giacca già nel raggiungere il
portone del suo palazzo, per saltarle addosso non appena avesse aperto la porta
e prenderla sul pavimento dell’ingresso, senza darle modo di raggiungere la
camera da letto. Un’esplosione di passione che mancava di qualsiasi
riferimento, da non poter essere paragonabile a nulla di sperimentato in
precedenza, nulla a cui potersi opporre, nulla di umano.
Gli erano stati sufficienti una manciata di mesi per
rinnegare anni di serenità e mandare in frantumi tutto ciò che aveva ritenuto
essenziale per la sua esistenza; quando si era convinto che le sensazioni
fossero reciproche, che anche lei fosse giunta alla stessa conclusione, nulla
che potesse essere circoscritto al solo sesso li teneva legati.
Come era stato difficile riemergere dalle proprie
assurde convinzioni, ammettere di essersi ingannato, ostinandosi a vedere solo
ciò che il proprio desiderio gli proponeva.
Magari se fosse stato abbastanza scaltro da porle
delle domande, lei sarebbe stata lieta di rispondere che era interessata solo a
trascorrere del tempo sotto le coperte.
Ma certo! Non si sarebbe fatta problemi, glielo aveva
detto che non si sentiva intimidita dalla tonaca, che non essendo credente
poteva tranquillamente considerarlo un uomo qualunque.
Già, un uomo qualunque, se si fosse soffermato sul
significato di quelle semplici parole avrebbe evitato di illudersi inutilmente
e di perdere la propria pace per sempre.