lunedì 11 marzo 2024

Intervista con FRANCESCO BIANCHI parleremo del suo libro “Il coraggio dei vinti”

Ciao,

oggi conosceremo un  po’ Francesco    

 

 

e il suo libro

 

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Buona Lettura...

 

MC - Per prima cosa parlarci brevemente di te.

F – Sono nato a Firenze e vivo attualmente a Prato, dopo gli studi economici ho avuto un lungo percorso bancario fino ad arrivare ad una multinazionale del settore assicurativo con il ruolo di analista. Lavoro prevalentemente con i numeri (bilanci, business plan, budget) e faccio revisioni direttamente nelle aziende.

Ho due figli, Gabriele e Matteo, e ho conosciuto mia moglie proprio all’Università. Siamo sposati dal 2006.

 

MC – Quando hai deciso di scrivere e perché?

F – Come dicevo lavoro prettamente con i numeri e amo il mio lavoro… ho però una grande passione che è quella della lettura e della scrittura. Fin da sempre ho letto di tutto: da paperino a Dylan Dog, da De Carlo a Baricco, da Grisham a King. Credo che in qualche modo debba compensare la parte matematica con una parte più letteraria…

MC -  quando hai deciso di metterti a scrivere e perché?

F – La scrittura ha sempre fatto parte del mio percorso: ho sempre scritto e ho sempre avuto desiderio di condividere pensieri, storie e racconti con la scrittura. Ancora oggi mia madre trova alcune mie riflessioni o racconti nella mia vecchia camera o all’interno dei miei libri.

Scrivere rappresenta dunque la necessità di condividere pensieri e storie; inizialmente avevo un tono autobiografico mentre oggi mi concentro sulla storia e gli avvenimenti della seconda guerra mondiale.

MC –  Il coraggio dei vinti perché lo hai scritto e quando?

F – Esistono dei vuoti di conoscenza al giorno di oggi: quando si parla di memoria, di deportazione, di seconda guerra mondiale ci sono ancora molti argomenti poco conosciuti. I ragazzi di oggi, specie alle medie, non hanno modo di approfondire temi che invece sono di un’attualità sorprendente.

La Seconda guerra mondiale è un argomento spesso trascurato dalla didattica perché alla fine dell’ultimo anno mentre invece ritengo che sia centrale perché la deriva autoritaria è sempre dietro l’angolo.

MC – Soprattutto oggi dovrebbe essere studiato e analizzato con maggior attenzione. Secondo te su cosa dovrebbero puntare di più a scuola?

F – Sarebbe molto importante fare in modo che i giovani apprendano l’importante tema del ricordo con un ruolo attivo. Ad esempio io faccio parte di un’Associazione per la memoria in cui abbiamo ideato, nel territorio di Prato, un premio letterario artistico a tema “Ricordi di guerra e di liberazione”. Si tratta di un concorso per i giovani delle scuole che spazia dalla composizione di disegni e collage per i più piccoli a veri e propri racconti che fanno parte delle storie di famiglia per i più grandi. Attraverso questa condivisione i giovani stessi si fanno portavoce diretti di “memoria” e apprenderanno molto meglio questi valori. (bella idea)

MC -  So che è tratto da una storia vera, come mai questa scelta?

F – Alla morte di mio nonno, ex deportato perché internato militare italiano, ho conosciuto nel dettaglio la sua storia. Durante la sua vita me ne parlava spesso e questo è il motivo per cui ho sempre approfondito il tema della guerra e della deportazione. Ma quando alla sua morte ho conosciuto nel dettaglio la sua storia ho avuto proprio la necessità di raccontarla perché delinea tutto ciò che è accaduto dall’Armistizio in poi. Tutti pensavano allora che la guerra fosse finita e invece è iniziato il periodo più duro e più atroce della nostra storia: l’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine, la Strage di Marzabotto… tutti avvenimenti che non possiamo non ricordare.

La storia di mio nonno, deportato insieme a uno dei suoi fratelli, è comune a oltre 650.000 altre internati militari italiani, privati dei diritti perché non allineati all’ideologia nazi-fascisti e non disposti a combattere per loro. Circa il 10 per cento di questi deportati morirono e sono numeri spesso trascurati dalla storia. Si tratta di persone che hanno messo a rischio la propria vita per non allinearsi a un regime in cui non credevano più.

MC – sono d’accordo con te.  Questo argomento dovrebbe venire valorizzato di più nelle scuole e non solo. Hai dei suggerimenti?

F – Purtroppo mi sono reso conto proprio che le scuole non trattano questo argomento perché nei libri di storia, anche di alcune superiori, manca la parte che riguarda gli “Internati Militari Italiani”. Ci sono docenti molto attenti per fortuna che chiedono interventi esterni e questa secondo me è la via: integrazione con testimonianze. Abbiamo così tante associazioni con persone che hanno avuto esperienze dirette di deportazione che sarebbe così interessante farli interagire con gli alunni delle scuole.

Io ascoltavo con tanto interesse mio nonno quando mi raccontava quello che aveva vissuto durante la deportazione, credo che anche i ragazzi di oggi riscontrerebbero lo stesso interesse. Dobbiamo solo sollecitarlo e qui c’è il ruolo centrale del docente.

MC – Cosa è la banca dati tedesca Arolsen e dove si trova?

F – Si tratta di una banca dati della Germania che ha un patrimonio di dati incredibilmente accurato. Si trova proprio ad Arolsen ma può essere contattata da chiunque anche on line. Si tratta del risultato del processo storico che ha fatto la Germania per recuperare tutta la memoria di quello che è accaduto nel suo periodo più buio. Gli specialisti della Banca Dati Arolsen sono in grado di rintracciare documenti, registrazioni, movimenti di deportazione, visite mediche, assegnazioni. Grazie a loro sono riuscito a ricostruire importanti movimenti dei tre fratelli protagonisti del libro. (incredibile)

MC – So che hai fatto le tue ricerche anche presso l’Archivio di Stato, è stato difficile farle?

F – Anche in questo caso ho trovato massima disponibilità ed elasticità del personale. Ho rintracciato il numero di matricola di mio nonno, on line, e poi con un appuntamento mi sono recato e ho toccato con mano volumi dalle dimensioni incredibilmente grandi dove venivano raccolti, a mano, i movimenti militari e personali di ciascun militari. Ho trovato la ricerca molto istruttiva, oltre al risultato ottenuto, ho avuto modo di apprezzare e capire l’importanza delle banche dati.

MC – per chi non conosce banca dati o archivio di stato, ti va di parlarcene?

F – Volentieri. In ogni città capoluogo c’è un Archivio di Stato in cui sono custoditi i fascicoli, le leggi, le concessioni, gli archivi militari del territorio. Nell’Archivio di Stato di Firenze, ad esempio, ci sono ben tredici secoli di archiviazione.

Quando si compie una ricerca storica per rintracciare i movimenti di un soldato il primo passaggio è quello del “foglio matricolare” e cioè della storia militare. In questo grande librone, scritto a mano con accuratezza, riusciamo a scoprire molte cose. Nel caso della mia ricerca ho proprio trovato la data in cui il protagonista fu arrestato per essere deportato.

Chiunque può fare questa ricerca che è gratuita e sicuramente importante per scoprire le tracce della propria famiglia.

MC – brevemente puoi dirci di cosa parla il tuo libro?

F – La base del romanzo è un podere contadino della campagna fiorentina dove una famiglia lavora con il contratto di mezzadria, come lo facevano moltissime famiglie del centro nord. Due dei tre figli erano militari mentre il più piccolo venne chiamato dalla repubblica sociale ad arruolarsi.

Lui non volle farlo e scappò mentre un altro fratello approfittò della situazione di sbandamento del Regio Esercito italiano post Armistizio per rientrare a casa. Entrambi questi fratelli furono catturati e deportati come internati militari italiani. Quando sembrava che la morte fosse inevitabile per le dure condizioni in cui erano costretti a vivere e lavorare in Germania, il terzo fratello si presenta casualmente nella loro baracca.

Quello che succede dopo è incredibile ma la cosa ancora più sorprendente è che sia davvero documentata dalla ricerca. Una storia che merita di essere letta.

MC – Mentre la leggevi, cosa pensavi?

F – Ho provato molta emozione. Pensare a quello che hanno vissuto i nostri nonni, genitori, prozii e immedesimarsi è davvero una grande emozione.

La guerra ha messo a repentaglio le vite di molte persone e questa storia, come molte altre, ci fa comprendere quanto sia stata casuale la sopravvivenza in un contesto di morte e distruzione assurda.

MC – Cosa ti ha spinto a parlare di un famiglia nel periodo della guerra?

F – Forse inaspettatamente è stata la reale forza del libro: coloro che lo hanno letto, specie quelli che hanno vissuto da piccoli quel periodo, sono rimasti entusiasti della ricostruzione della vita di quel periodo. Un periodo povero, duro, atroce ma con una dignità vera. La famiglia è stato il collante di questa storia ma lo è stato per molte delle famiglie italiane e spesso lo dimentichiamo.

MC – Cosa vorresti aggiungere?

F – “Il Coraggio dei vinti” è un percorso di conoscenza di un capitolo della nostra storia che non viene trattato abbastanza e che merita di essere conosciuto. Quello che è successo ai nostri nonni, ai nostri genitori, ai nostri prozii, ai nostri avi non deve essere dimenticato e il percorso di memoria comincia da ciascuno di noi. Mi sento di aver fatto una piccolissima e infinitesima parte sul tema del ricordo e vorrei proprio passare il “testimone” alle nuove generazioni con questo romanzo storico.

MC – Seti va di parlarne in AperiChiacchierata... sei il benvenuto.

Grazie e alla prossima

MC

 


 

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