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LA LETTERATURA CONTRO LA SUPERSTIZIONE E LE INGIUSTIZIE
Lu Xun e Rou Shi: due scrittori progressisti
Ciao a tutti, nell’articolo precedente vi ho parlato della vita sentimentale di due grandi scrittori cinesi del passato: Lu Xun e Rou Shi. Oggi vi parlerò del loro pensiero e delle idee avanguardiste che trasmisero attraverso le loro opere.
Il 2 marzo 1930, a Shanghai, venne fondata la Lega degli Scrittori di Sinistra, guidata proprio da Lu Xun, il precursore della cultura moderna e della popolarizzazione della letteratura. Fino ai primi del Novecento, infatti, in Cina, solo gli alti funzionari e gli eruditi erano in grado di leggere i classici scritti nella lingua antica e forbita. Lu Xun, Rou Shi e altri celebri filosofi, poeti, romanzieri, saggisti e drammaturghi si unirono per condannare la cultura vecchio stampo e la società “malata” in cui erano costretti a vivere. Nei loro libri condannarono duramente la corruzione, l’ignoranza, la prepotenza, la superstizione e le ingiustizie. Alcuni di loro pagarono con la vita il tentativo di esprimersi liberamente.
I cinque martiri della Lega degli Scrittori di sinistra, giustiziati nel 1931.
Rou Shi è il secondo da sinistra (foto di Fiori Picco)
Nel racconto “Medicina” Lu Xun denuncia il cannibalismo e credenze popolari assurde. Nel 1920 gli organi umani erano utilizzati come potenti medicinali: basti pensare che figli e nipoti, in segno di rispetto e di pietà filiale, erano costretti, secondo i dogmi della tradizione confuciana, a tagliarsi un pezzo di carne o a prelevare un po’ del proprio sangue per nutrire e curare i genitori o i nonni in fin di vita. La storia che scrisse Lu Xun riguarda proprio una coppia di coniugi, proprietari di una casa da tè, che, per curare il figlio affetto da una grave forma di tubercolosi, usano tutti i risparmi del negozio per acquistare la cura “miracolosa”: un panino intriso di sangue umano, il sangue di un giustiziato, accusato di essere un criminale in quanto impegnato in attività rivoluzionarie. I genitori somministrano la medicina al bambino che, dopo pochi giorni, muore.
Lu Xun condanna i suoi connazionali e il popolino che, invece di imboccare la via della modernizzazione, rimangono ancorati a vecchie convinzioni e si affidano a ciarlatani che li ingannano traendone profitto. Lu Xun ritiene che l’unico mezzo per abbattere il feudalesimo e l’inciviltà sia la letteratura: pura forma d’arte promotrice del progresso.
Lo scrittore Lu Xun ( foto di Fiori Picco)
Come ho accennato la scorsa volta, poco prima del periodo maoista, tra le classi sociali più abbienti, vigeva ancora la poligamia o il concubinato. Le donne erano trattate come schiave fin dalla più tenera età e dovevano subire l’atroce tortura della fasciatura dei piedi, un’usanza crudele e discriminatoria, che fu abolita agli inizi del Novecento ma scomparve definitivamente solo dopo il 1949. Molti non sanno i veri motivi per cui alle bambine di tre o quattro anni venivano piegate e schiacciate con forza le dita dei piedi provocando alle vittime dolori lancinanti, infezioni, cancrene, setticemie e, a volte, anche la morte. Lo spiego nel mio romanzo “Yao”, pubblicato di recente, in cui parlo dell’antico villaggio di Lipu, abitato da tante nonnine con i “piedini di loto” lunghi appena otto centimetri: ultime superstiti di un rituale barbaro che per secoli piegò le fanciulle a un sistema patriarcale e maschilista e le rese succubi dei mariti che usavano i piedini appuntiti per soddisfare “particolari gusti sessuali”. Le donne dovevano essere obbedienti e remissive e accontentarli in ogni loro richiesta.
Scarpette per piedini di loto lunghi otto centimetri (foto di Fiori Picco)
Anche le mogli di Lu Xun e di Rou Shi avevano i piedi fasciati, era una prassi obbligatoria, un’imposizione da parte della famiglia e la premessa per un buon matrimonio. In altre parole, chi aveva i piedi grossi e al naturale era considerata una ribelle e non si sarebbe mai potuta sposare, tantomeno avrebbe trovato un buon partito. Nel vedere le proprie mogli in quelle condizioni, Lu Xun e Rou Shi provarono pietà mista a rabbia e a un senso di impotenza. Entrambi desideravano avere accanto a sé una donna moderna, libera, graziosa e colta e, nei loro scritti, trasmisero questa insoddisfazione. In particolare Rou Shi che, nel racconto autobiografico “Speranza”, descrive un giovane deluso dalla moglie che i genitori gli hanno imposto: una donna analfabeta e con i piedi fasciati, con cui lui non ha alcun interesse in comune. L’autore sogna l’amore, la passione, la sposa ideale, che dovrebbe essere istruita, alla moda e raffinata. Purtroppo, nella società dei primi del Novecento, il ruolo della donna era estremamente sminuito se non annullato; le donne erano solo usate, sfruttate, vendute… In primis dai padri che le consideravano merce di scambio o pesanti fardelli da cui liberarsi.
Lo studio di Lu Xun (foto di Fiori Picco)
Tra gli scrittori degli Anni Venti e Trenta, Rou Shi ha uno stile letterario unico. Nel romanzo “La madre schiava”, considerato il suo capolavoro, narra una storia amara e toccante che impietosisce e lascia sgomenti. La compravendita di bambine e di adolescenti che diventavano prostitute, schiave o giovani concubine, dimostra come le donne da sempre fossero calpestate nei loro diritti fondamentali: tra questi il diritto basilare di vivere la propria maternità e di rimanere vicina al proprio figlio. La protagonista viene venduta dal marito a un vecchio e ricco mandarino che la userà come madre surrogata per concepire un figlio che in seguito affiderà alla moglie. La giovane subisce continue angherie da parte della coppia che, dopo aver usato il suo ventre, la allontana in malo modo impedendole di vedere il bambino.
Bambolino cinese ( foto di Fiori Picco)
Gli scrittori di inizio secolo scorso descrivono le classi più deboli, che soffrono in un’epoca di ingiustizie, di discriminazioni e di grandi cambiamenti politici. Gli intellettuali, con i loro ideali, le lotte sociali, le esasperazioni, le confusioni mentali e parole dure e drammatiche, non riconoscono più il loro Paese e si sentono smarriti, come se non avessero più una casa in cui dimorare. La loro esistenza diventa un vagabondaggio alla ricerca di risposte. Il forte senso di deriva colpisce anche le persone comuni come madri che hanno perso i figli condannati a morte e tutti coloro che hanno assistito a decapitazioni e a omicidi rimasti impuniti e avvolti da una cortina di indifferenza e di omertà. “Finché uccidere sarà un gioco, il mondo non potrà mai essere migliore” afferma Rou Shi ne “Le storie del boia”.
Un ritratto della società dell’epoca (foto di Fiori Picco)
L’arroganza dei mandarini boriosi, dediti ai vizi e assidui frequentatori dei bordelli si contrappone all’odio e al risentimento dei giovani che guardano al futuro in modo progressista e che attendono il momento del riscatto sociale e della rivincita. In secondo piano c’è sempre la classe dei poveri, dei perdenti e dei diseredati… Come un ragazzino che svolge uno dei lavori più umili al mondo: vende ghiaccio con il petto gonfio e il respiro affannoso… O il vecchio guaritore girovago, vestito a brandelli e convinto di saper guarire ogni malattia con erbe e radici di montagna che trasporta nella gerla di bambù…
FIORI PICCO
P.S. Per chi desidera approfondire la storia dei piedi fasciati, lascio la copertina e il link del mio romanzo “Yao”:
https://www.amazon.it/YAO-Fiori-Picco/dp/8894611876/ref=sr_1_1?crid=ZNGXJXJ3PQTR&keywords=yao+di+fiori+picco&qid=1650460087&s=books&sprefix=%2Cstripbooks%2C116&sr=1-1
intreressante come sempre :)
RispondiEliminaAver tradotto questi autori mi ha permesso di comprendere maggiormente le loro sofferenze...
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