venerdì 28 febbraio 2025

Philip Marlowe


Stati Uniti, 1939 / Raymond Chandler

«Philip Marlowe è, per usare una frase piuttosto trita, un uomo d'onore per istinto, perché non può farne a meno. È relativamente povero, e, no non farebbe l'investigatore... È un uomo comune, altrimenti non potrebbe mischiarsi alla gente comune ... È solitario, ed è suo orgoglio farsi strada da orgoglio o ... Ha disgusto dell'incertezza e disprezza tutto ciò che è meschino ... Come personaggio, non ha importanza per quello che fa, ma per ciò che gli accade ... Suppongo che Philip Marlowe sia realmente una specie di me stesso segreto ... Siamo tutti e due soli, sentimentali, cinici, tutti e due incorruttibili». Sono parole di Raymond Chandler, il suo creatore in un'altra occasione dichiarò: «Non esiste gente come lui. Nella realtà gli investigatori privati statunitensi sono sporchi ometti che si occupano di divorzi, intercettano corrispondenza e rubano fotografie, quando ci riescono ... ».



Nato verso il 1906 a Santa Rosa, una cittadina della California a nord di San Francisco, Philip Marlowe ha frequentato per due anni un 'università dell'Oregon e ha una discreta cultura, tanto da poter citare autori come Eliot e Flaubert e
apprezzare i quadri di Rembrandt.
Ben piantato e alto poco più di un metro e ottanta, fuma molto, soprattutto Camel, che accende con fiammiferi da cucina, ed è un grosso bevitore di scotch, bourbon e di «qualsiasi liquore che non sia dolce».



Abita a Los Angeles e ha un ufficetto al Cahuenga Building, sull'Hollywood Boulevard, senza segretaria né segreteria telefonica. Per rilassarsi gioca a scacchi da solo. Pare abbia fatto esperienza come investigatore privato di una compagnia di assicurazioni e poi presso il procuratore distrettuale della Contea di Los Angeles prima di mettersi in proprio. È un buon investigatore privato (molti critici lo considerano l'investigatore privato per eccellenza), prende 25 dollari al giorno, più le spese; ma se il caso lo interessa particolarmente o "lo commuove", può scendere eccezionalmente a 10 o lavorare addirittura gratis.



Anche se non nuota certo nell'oro, non accetterebbe mai un incarico disonesto ed è sempre leale nei confronti dei propri clienti, tanto che preferisce farsi arrestare piuttosto che tradirli. Sa bene di non aver scelto una professione "facile" e non la fa troppo lunga sulle sue scelte di fondo: «Vendo ciò che devo vendere per guadagnarmi da vivere. E cioè quel po' di fegato e di intelligenza che il Signore mi ha dato...». 



Si muove a proprio agio tanto tra le lussuose ville di Beverly Hills quanto nei quartieri poveri, pieni di immigrati messicani. Parla discretamente lo spagnolo e
porta sempre con sé la fotocopia della licenza, un distintivo da vicesceriffo e alcune tessere fasulle che di tanto in tanto gli servono per far colpo su qualcuno. Non ha una donna fissa, anche se il suo atteggiamento verso il gentil sesso, secondo
Chandler, «è quello di qualsiasi uomo normale, vigoroso e sano, il quale non ha moglie e probabilmente avrebbe già dovuto sposarsi da un sacco di tempo».



All'inizio del romanzo The poodle springs mystery, rimasto incompiuto per la morte di Chandler, Philip Marlowe sposa la milionaria Linda Loring, che aveva conosciuto qualche anno prima in Il lungo addio (The long good-bye, 1953), ma rifiuta di lasciare il proprio ufficio e il proprio lavoro per limitarsi a vivere con lei nella sua villa di Palm Spring. «Sono un uomo povero sposato a una donna ricca - dice. - Non so bene come comportarmi. Di una cosa sono sicuro: per modesto che
sia il mio ufficio, è lì che sono diventato quello che sono ed è lì che diventerò quello che sarò».



II film più famoso tratto dai romanzi di Raymond Chandler, grazie soprattutto all'interpretazione di Humphrey Bogart, è Il grande sonno, girato nel 1946 da Howard Hawks, mentre Addio, mia amata ha avuto addirittura tre versioni cinematografiche.

Oltre che da Bogart, il ruolo di Philip Marlowe è stato ricoperto da George Sanders, Dick Powell, Robert Montgomery, George Montgomery, James Garner,
Elliot Gould e Robert Mitchum. Ancora una notte (Playback 1958) è l'unico romanzo di Chandler non ancora portato sullo schermo, ma può essere curioso ricordare che dal suo Finestra sul vuoto (The high window, 1942) è stato tratto un film interpretato da Mike Shayne, il personaggio creato da Brett Halliday! 


L'investigatore privato creato da Raymond Chandler è stato portato due volte sul piccolo schermo negli Stati Uniti: da Philip Carey alla fine degli anni Cinquanta e da Powers Booth in una miniserie in cinque parti trasmessa nel 1983 dalla HBO, una catena televisiva via cavo.


 

giovedì 27 febbraio 2025

Libri: “Jack 44” di Stefano Ingegneri

 

      

Giusy Elle

“Jack 44” di Stefano Ingegneri (PAV Edizioni, Roma 2024)

 

“Jack 44” è il primo romanzo di Stefano Ingegneri, dopo un esordio di racconti. Una formula cara all'autore, tanto da riproporla in questo nuovo libro.

Opera di genere fantastico, ogni capitolo è una storia surreale, così come lo è l'intera struttura.

 In un oscuro pub, denominato il Club dei Gentiluomini, si ritrovano una serie di eleganti signori dalle insolite sembianze di animali. Passano le serate a ubriacarsi di storie raccontate da uomini in miniatura rinchiusi nelle bottiglie di whisky, ma sono molto esigenti, queste creature che di gentiluomo hanno ben poco, e nessuna bottiglia supera i loro test. Non prima della Jack 44, che si rivela essere decisamente speciale.

 L'ex ubriacone Edward, ormai privo di ogni memoria a seguito dell'ennesima sbornia, si ritrova miniaturizzato all'interno di una di queste bottiglie, obbligato a raccontare storie interessanti, per non essere giustiziato come chi fallisce. Da quel momento diviene lui stesso l'anima parlante del liquore, e il suo nome sarà appunto Jack 44.

Sebbene privo di memoria, sotto pressione riesce a imbastire delle storie, che fluiscono spontanee dal suo subconscio, incuriosendo i Gentiluomini.

 Di più, ne vogliono ancora, altrimenti si annoiano... E come un novello Sherazade, il nostro Jack 44 continua nell'ardua impresa. Ecco così che racconti, apparentemente slegati l'uno dall'altro, si rivelano punti di vista diversi di un'unica storia, che nel corso delle pagine prende lentamente forma.

 Su uno sfondo indefinito, dove la città non ha nome, i personaggi sono denominati con il loro ruolo e i dettagli spazio-temporali non hanno senso ma, anzi, vengono stravolti, ritroviamo a sorpresa le varie comparse. Ci si ritrova così a divorare il libro per vedere dove l'autore abbia intenzione di andare a parare.

 Mentre le storie si dipanano tra mondi paralleli (la realtà della prigionia e il Labirinto dell'aldilà), comprendiamo quanto il romanzo sia altamente simbolico. I racconti fantastici si tramutano infine in rapidissimi sogni fantasy, e la risoluzione si rivela nel finale, anche se non in forma esplicita.

 Molti i temi importanti che man mano emergono, primo tra tutti la necessità impellente del risveglio.

Jack 44 compie un viaggio iniziatico dal profondo dell'oblio (ben rappresentato dal fondo di una bottiglia), ha bagliori di verità, provenienti dal proprio inconscio e, attraverso un labirintico percorso, trova infine l'uscita per la liberazione.

 Nel suo viaggio, attraverso le storie scopre che tutti sono prigionieri a loro modo, chi subisce e chi comanda, le oscure entità ctonie come il Dio creatore. Perché tutto è Tonal, come spiegava il Don Juan di Castaneda, e solo il risveglio può spalancare l'unica porta della Verità.

 Il messaggio di speranza che traspare è infine quello della solidarietà. Ogni personaggio del romanzo risulta infatti importante per la liberazione di qualcun altro, attraverso uno spontaneo atto di gentilezza, per destino o casualità. E solo l'unione di tutti può portare alla vittoria finale.

 Ma forse questo è ciò che interpreto io, poiché in tutte le fiabe c'è molto di più, oppure soltanto quello che vi è narrato. In questo caso di Uomini Ombra e Giganti, di un vecchio pazzo con un grande libro e di una ragazza con una valigia, di una fatina con le ali e della musica che salva il mondo. Fate voi.

 In conclusione: “Jack 44” è un libro avvincente e ben scritto, che scorre veloce e invoglia alla lettura. Consigliato a chi ama il genere fantastico e fantasy, ma anche a chi apprezza i romanzi di formazione. Perché chiavi di lettura ce n'è per ognuno di noi.

 

Link di acquisto: https://pavedizioni.it/prodotto/jack-44

 

 ingegneri stefano - jack 44

mercoledì 26 febbraio 2025

AperiChiacchiera con ... Ilaria Vecchietti - Maya (2)

   

https://mariacristinabuoso.blogspot.com/2024/08/aperichiacchiera-con-ilaria-vecchietti.html 

Ciao,

siamo ancora con Ilaria per continuare a parlare dei Maya, mettetevi comodi.

 

Mc – Immagino che siamo ancora a Torino, vero?

I – Buonasera a tutti! Certo, possiamo rimanere a Torino 😊

 

MC – La scorsa volta hai accennato ad alcune teorie che datavano la nascita dei Maya. 

Ti andrebbe di parlarcene un po’ di più e secondi te, perché si sono creati questi diversi punti di vista?

I – Essendo popolazioni antiche le fonti non sono mai certe, anzi il più delle volte si sono perse

 da secoli, quindi gli archeologi possono solo fare “ipotesi” in base ai reperti storici ritrovati. 

Questo porta i vari studiosi a fare diverse teorie, così schierandosi in diversi pensieri di chi 

pensa una cosa e di chi pensa un’altra.

 

MC – Che dei avevano e come era vissuta la religione dal popolo Maya?

I – La religione Maya era molto complessa e importante, soprattutto visto che era un

 popolo di agricoltori, veneravano il Dio del mais e il Dio della pioggia. Erano naturalmente

 politeisti.

Il Dio centrale era Itzamà o Itzamnà, Dio del sole, della scrittura e protettore dell'agricoltura.

Poi c’erano divinità associate ai punti cardinali, ai colori, ai numeri, alle stagioni, al Sole,

 alla Luna, a Venere, alla pioggia, al mais, agli alberi, agli animali come il giaguaro e il colibrì.

Altri Dei importanti erano Kukulcan, il serpente piumato, da alcuni identificato con il cielo,

 e Ahpuch, Dio della morte.

 

MC – I sacerdoti avevano un ruolo particolare nella vita di questo popolo?

I – La religione, le conoscenze astronomiche e il complesso calendario di feste, riti, banchetti 

e sacrifici umani (sì, facevano sacrifici umani) erano tutte dirette dalla casta sacerdotale 

ah kin (il solare), con a capo l'ahaucan (principe dei serpenti).

Ci sono tre libri sopravvissuti, dove si può conoscere meglio la religione Maya:

·         Il Popol Vuh: parla dei miti della creazione terrestre, delle avventure delle divinità gemelle

 e della creazione del primo uomo;

·         I libri del "Chilam Balam": descrivono le tradizioni;

·         Le cronache di Chacxulubchen: altro libro fondamentale sulla religione maya.

 MC – Le donne che ruolo avevano?

I – Questa è una domanda difficile… proprio perché, come ho accennato prima, 

i Maya facevano sacrifici umani. Alcune bambine già dalla nascita erano marchiate con

 questo destino (e per marchiate intendo che dalla nascita subivano una vera e propria 

tortura fisica che ve la risparmio), venendo poi gettate nel Cenote, una grotta carsica

 con un fiume sotterraneo.

Se si era invece fortunate e non si era sacrificate, vivevano una vita normale: si occupavano

 dei figli e della casa, coltivavano la terra, vendevano la merce.

Cito un articolo che ho trovato: Cynthia Robin, professoressa di antropologia alla 

Northwestern University, sostiene che «una delle cose che sappiamo sulla società Maya

 è che prima della conquista spagnola non c’era per le donne quel soffitto di cristallo

 che invece sembra esserci nella nostra società».

Le donne ancora più fortunate e quindi di stirpe nobili potevano essere anche guerriere

 e ambire ad incarichi ancora più alti.

Sempre nell’articolo che ho citato si parla che quando arrivò Hernán Cortés fu 

un’ambasciatrice ad accoglierlo, e lui si rifiutò di parlarle in quanto donna.

 MC – Argomento affascinate, Grazie. Buona lettura 😊 a tutti.

 Alla prossima!