Ciao,
dal libro Fabula Rasa una nuova favola che Tiziana ci regala.
Buona lettura :)
Medora
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Una supplica più che un ordine, «Non toccarli!», il tono preoccupato di chi è consapevole che non farà in tempo a bloccare le dita intente a tuffarsi nella folta chioma.
Il bambino non si era fermato e adesso rigirava lungo l’indice una lunga ciocca di capelli.
Il colore lo aveva attratto irresistibilmente: un castano chiaro, con riflessi ramati che in alcuni punti parevano risplendere come le squame dei rettili.
E proprio un groviglio di serpenti pareva portare sul capo quella giovane fanciulla, una chioma riccia e folta i cui boccoli parevano vivere di vita propria, allungandosi e ritraendosi in lunghe spire all’occorrenza.
Medora era sempre stata consapevole del timore che incuteva in chi la incrociava per strada, il suo aspetto era reso inusuale da quella particolare capigliatura.
E sì che negli anni aveva tentato più volte di disfarsene, ma nessuna lama era risultata abbastanza affilata da riuscire a scalfire un solo capello.
Con il passare del tempo si era rassegnata a tenerseli e aveva imparato ad annodarli con cura e costringerli sotto copricapi e fasce pur di contenerli.
Ma inevitabilmente i nodi si scioglievano e i capelli iniziavano a fluttuare intorno alla sua esile figura, creando sagome in grado di terrorizzare l’intero villaggio.
Se già per il suo aspetto molti preferivano evitarla, l’intero villaggio la esiliò appena scoprirono l’oscura magia di cui i capelli di Medora erano custodi: la verità!
Potrebbe sembrare un’assurdità, ma chiunque l’accarezzasse sulla testa o toccasse anche un solo capello veniva colto da una necessità impellente di raccontare la verità su vicende che avrebbe preferito celare al mondo intero.
Fu così che un contadino ammise di aver munto di nascosto le mucche del mugnaio tenendo per sé il latte, il figlio dei suoi vicini si accusò nell’ammanco di pane per cui aveva dato colpa alla sorellina, l’oste dichiarò apertamente di allungare il vino, il macellaio si vergognò di aver derubato delle ignare vecchiette e così via.
Il trambusto creato nel piccolo villaggio costrinse la popolazione a chiedere l’allontanamento di Medora che, per quanto si fosse dimostrata sempre una ragazza garbata e consapevole dei propri problemi tanto da cercare in tutti i modi di porvi rimedio, era considerata portatrice di sventura.
Sperarono che una volta sparita la ragazza anche gli effetti della sua nefasta magia sarebbero scomparsi: non si poteva di certo convivere con persone incapaci di tenersi dentro pensieri sconvenienti!
La povera Medora raccolse i suoi pochi averi e s’incamminò fuori dal villaggio, nessuno si era fatto avanti per salutarla, parevano tutti ansiosi di levarsela di torno.
Una ciocca si allungò su una guancia e poi sull’altra per asciugarle le lacrime, mentre un’altra l’accarezzava sulla schiena per recarle conforto e un altro paio si arrotolarono lungo i nodi dei fagotti in cui aveva riposto del cibo per aiutarla a trasportarli.
Quando la pioggia la colse, i capelli la strattonarono indicandole una fenditura nella roccia.
Una volta entrata in quella che appariva come una piccola caverna, accese un fuoco e decise di far pace con quelli che da sempre aveva considerato propri nemici, e invece erano gli unici rimasti a consolarla, sempre presenti nella sua vita e amorevoli nei suoi confronti.
Decise di scusarsi ad alta voce, spiegando loro le proprie ragioni, «Mi dispiace di aver provato odio nei vostri confronti, è solo che mi avete reso la vita più difficile che agli altri. Ma devo ringraziarvi, per essere rimasti con me», di questo era proprio grata.
Medora aveva vissuto ai margini della società; fin da subito il proprio aspetto l’aveva costretta alla reclusione in casa, e quando si decideva a uscire la scansavano tutti.
«Beh, che possiamo farci?! Se siete toccati a me e dobbiamo convivere, tanto vale farlo da amici».
I capelli erano finalmente felici di essere stati accettati nella vita di Medora, iniziarono a sollevarsi e ad arrotolarsi su se stessi, improvvisando una danza allegra e luccicante con le fiamme che si riflettevano sulle spire creando giochi di luci incantevoli e ipnotici.
Medora danzò fino a sentirsi stremata, si stese in terra e i capelli la coprirono per tenerla al caldo.
Al suo risveglio un profumino invitante la investì in pieno e, stropicciandosi gli occhi, si accorse di una vecchina che mescolava una zuppa cuocendola sul fuoco.
«Ben svegliata mia cara», la salutò allegramente e le allungò una ciotola dopo aver versato il brodo fumante.
Medora si mise a sedere e accettò la ciotola, ringraziando con un cenno del capo, era davvero affamata.
La vecchina versò del brodo anche per sé e prese posto accanto alla ragazza. Dopo essersi accomodata, le allungò una carezza sul capo, ignorando le proteste della ragazza.
«Non dovevi», la redarguì risentita, «Adesso mi scaccerai anche tu», era preoccupata di dover lasciare quel riparo di fortuna che l’aveva salvata dal temporale. In definitiva non sapeva dove altro andare, erano giorni che vagava e aveva perso l’orientamento: anche volendo non sarebbe riuscita a tornare al suo villaggio.
«Piccola mia, perché mai dovrei fare un gesto così brutto?», chiese posandole addosso uno sguardo aperto e amorevole.
«Adesso che hai toccato i miei capelli sarai costretta a dire la verità», confessò a bassa voce.
«E da quando la sincerità ha ottenuto un’accezione negativa?», la domanda era stata posta con calma, senza alcuna vena provocatoria.
La vecchia era in attesa di una risposta, ma aggiunse «In vita mia nessuno mi ha mai dovuto costringere a fare nulla, e ho sempre scelto io di accantonare le menzogne: sono ostacoli al vivere bene».
Medora era rimasta a bocca aperta di fronte a quella riflessione tanto semplice quanto profonda. Forse avrebbe dovuto rivalutare le proprie esperienze e rivederle da un’angolazione differente.
«Credo che tu abbia molto da raccontarmi, bambina mia. Forse è il caso che tu finisca di mangiare e che ti confidi con me».
«Mi odierai, ne sono certa!».
«Non dire sciocchezze», l’ammonì mitigando le parole con il tono dolce della voce e una lunga carezza che la colse sulla guancia. Poi proseguì nella spiegazione «Vedi mia cara, quello che non sai è che ti ho riconosciuta subito».
«Mi hai riconosciuta?».
«Certo, i tuoi capelli ti identificano come appartenente a un’antica stirpe di donne speciali».
«Donne speciali?», non si era mai sentita speciale in vita sua.
«Certo, ne ho conosciute altre, e alcune sicuramente ne incrocerai lungo il tuo cammino: ci sono donne che emanano un profumo in grado di inebriare le persone, distogliendole dai cattivi pensieri in cui si crogiolavano senza porvi rimedio; altre che al solo tocco sono capaci di spazzare via tristezza e malinconia e quando ti abbracciano ti infondono la gioia di vivere che credevi perduta. Ne ho conosciuta una che al solo guardarti ti permetteva di rivivere gli errori di cui era costellata la tua intera esistenza, te li faceva apparire nella mente uno dopo l’altro e ti assolveva da qualsiasi rimorso».
«Te lo stai inventando, e in ogni caso nessuna è stata emarginata come è capitato a me».
«Come fai a dirlo? Ciascuna di loro ha sofferto per la propria condizione, per la diversità insita nel proprio essere, per aver costretto familiari, amici, parenti e conoscenti a mettersi di fronte a se stessi senza usare filtri, a spogliarsi di remore e ipocrisie, a scendere a patti con la propria coscienza».
«Sono state tutte allontanate?», dispiaciuta per la sorte toccata a quelle sorelle sconosciute con cui condivideva affanni e preoccupazioni.
«La diversità preoccupa, agita le menti mediocri e viene bandita per paura della propria infinitesimale bassezza».
«Non ho chiesto io di essere diversa».
«Nessuno lo chiede, ma se questo dono è capitato a te, vuol dire che hai la forza e la capacità per distinguerti. Non sprecarlo, anzi, apprezzalo e induci gli altri a fare altrettanto.
Il tuo è uno dei doni più importanti in cui mi sia imbattuta: la verità va innalzata come un valore fondamentale».
Detto questo si alzò, le elargì un’ultima carezza che lasciò scorrere dal capo fino alla punta dei capelli e divenne evanescente fino a sparire del tutto.
Medora rimase a bocca aperta, gli occhi sgranati a chiedersi se si fosse immaginata tutto… eppure stringeva ancora tra le mani la ciotola con la zuppa!
E allora?
E allora… in qualunque cosa si fosse imbattuta nella grotta, il messaggio le era giunto chiaro e forte: avrebbe non solo accettato il proprio dono, ma lo avrebbe condiviso con chiunque fosse stato in grado di apprezzarlo.
Sciolse del tutto la capigliatura, promettendo che mai più l’avrebbe nascosta, e si avviò all’uscita della grotta, pronta ad accettare il proprio destino e a condividerlo con dei compagni di viaggio davvero speciali.
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