Ciao,
dal suo libro FAbula Rasa Tiziana ci regala "La povera orfanella".
Buona lettura :)
La Povera Orfanella
|
Allo spegnersi dell’ultimo fiammifero il buio la inghiottì completamente. Rimase sola, spaventata dall’oscurità in cui si ritrovò avvolta, e infreddolita.
Si adagiò lentamente sulla neve, stremata dalla stanchezza e dalla fame, ripensando alla nonnina che le aveva voluto bene e l’aveva sempre protetta e accudita fino al giorno in cui era stata costretta da una grave malattia ad abbandonarla.
I primi ricordi della sua esistenza erano così gioiosi, non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi in quell’incubo senza via d’uscita!
Viveva in una deliziosa casetta in mezzo alla campagna con i genitori e la nonna, poteva correre scalza sull’erba fresca insieme alle sue caprette, fare il bagno nel laghetto poco distante, rincorrere le farfalle e giocare con galline e conigli.
Ogni giorno a merenda la mamma le preparava una torta deliziosa e il papà intagliava per lei animali di legno.
Amava profondamente la sua mamma, così dolce e morbida, era sempre pacata e la sua pelle profumava di buono.
E il suo papà?! Oh, adorava il suo papà, un omone grande e grosso che lavorava tanto, ma trovava sempre il tempo di coccolarla e di baciarla solleticandola con i baffi folti e scuri.
Tutto scorreva nella serenità più rassicurante.
Fino ad arrivare al triste periodo in cui i raccolti non diedero abbastanza frutto e i debiti iniziarono ad accumularsi pericolosamente: rischiavano di perdere la fattoria e tutto ciò che possedevano! Fu allora che i genitori furono costretti a partire in cerca di fortuna.
La piccola era rimasta a casa con la nonnina che si era prodigata in mille modi per farle pesare il meno possibile la lontananza: la teneva spesso impegnata nelle faccende domestiche, andavano insieme al mercato, cuciva per lei delle bamboline di stoffa e quando la coglieva la malinconia, l’abbracciava forte promettendole che presto i suoi genitori avrebbero fatto ritorno.
Dopo molti mesi, però, la nonna ricevette una lettera: la figlia e il genero erano morti durante un brutto incidente.
Non fu facile consolare la bimba, evitare di farsi cogliere nel pianto, tentare di rendere gioiose le sue giornate.
La povera donna fece l’impossibile per l’adorata nipotina mettendo da parte il proprio dolore per alleviare quello della piccola, e quando si accorse che la malattia presto l’avrebbe portata lontana dal suo unico tesoro, non poté fare altro che prometterle che avrebbe vegliato su di lei.
Tutto era perso: lo sfratto era alle porte, presto sarebbero rimaste senza una casa, non avevano abbastanza soldi per procurarsi un altro ricovero e le scorte di cibo sarebbero terminate entro un paio di giorni.
Non le restò altro da fare che affidare la bambina alla Provvidenza, sperando con tutto il cuore che le fossero alleviate ulteriori sofferenze ed evitate altre tribolazioni.
Il ricordo dell’ultima carezza della nonna era rimasto impresso sulla guancia e la piccola ci poneva spesso la mano per avvertirla meglio sulla pelle.
Non si era ancora rassegnata a tutte le perdite di cui era costellata la sua giovane esistenza, nella pienezza delle proprie giornate aveva dato per scontato che affetti e abbondanza sarebbero rimasti immutati nel tempo.
In effetti non si era mai dovuta interrogare sulla fortuna che le fosse capitata nel poter godere di una famiglia amorevole, un tetto sulla testa, cibo, vestiti e ogni bene di conforto che riteneva necessario.
Fu solo nel venirle a mancare tutto che si rese conto di quanto fosse stata ricca la propria infanzia. Cos’avrebbe dato pur di tornare indietro ai giorni lieti e spensierati!
Avrebbe apprezzato di più ogni singolo gesto d’affetto ricevuto, e gustato ogni boccone, e gioito di ogni attenzione.
Perfino adesso, nel momento di maggiore sconforto, si dichiarava fortunata: aveva potuto provare tante gioie che altri nemmeno avevano mai conosciuto, o che avevano tralasciato o sottovalutato, calpestando i doni della vita.
E anche se tutto quanto le era stato strappato troppo presto… le sarebbe rimasto impresso almeno il ricordo, e la sensazione di benessere e di pace che a tanti era stato negato.
Mentre il sonno la coglieva sentì la voce rassicurante della nonna che le sussurrava all’orecchio «Tesoro mio, sono con te, non ti ho mai lasciata da sola. Abbi fiducia, andrà tutto per il meglio», e avvertì il ricordo di quella carezza lieve, seguito da uno di quei baci affettuosi che la nonna non mancava mai di regalarle.
Non si accorse della carrozza che si fermò di colpo stridendo al ciglio della strada, delle mani che l’afferrarono saldamente e del mantello che l’avvolse per tentare di scaldarla.
Si risvegliò a fatica in un letto sconosciuto, con un fuoco crepitante nel caminetto di fronte.
La stanza, seppure in penombra, era pulita, con della carta da parati verde ravvivata da fiori colorati alle pareti, un divanetto accanto al camino, un tappeto scuro ai piedi del letto e un gatto che ronfava beato in una cesta di vimini.
Accanto a lei una donna addormentata su una poltrona, la mano a stringere la sua.
La sconosciuta era così bella: i capelli chiari acconciati in una crocchia elegante, un abito lungo di un bel colore azzurro che ricordava i cieli limpidi della sua fattoria e la mano calda e rassicurante, con la pelle morbida quasi come quella della sua mamma.
La donna si accorse di un movimento nel letto, aprì gli occhi e sorrise nel vedere la bambina vispa e con un bel colorito sul volto. Iniziò a chiamare ad alta voce «Caro, corri, è sveglia».
Accorse un uomo, era alto, dal fisico massiccio, nel fissarlo in volto la piccola rimase a bocca aperta: i baffi, folti e neri, del tutto uguali a quelli che ricordava di suo padre.
La bambina si sentiva osservata e prese ad agitarsi, ma i due la tranquillizzarono subito, sembravano preoccupati che lei decidesse di fuggire via, «Piccola, ti abbiamo trovato mezza congelata, qui con noi sei al sicuro. Ti abbiamo preparato del brodo caldo, e dei biscotti. Dopo aver mangiato ti andrebbe di raccontarci cosa ti è accaduto?», la voce della donna era bassa e rassicurante.
Nel giro di mezz’ora la bambina fece in tempo a raccontare la sua triste storia e la coppia a prendere una decisione che cambiò la loro vita per sempre.
Ne erano stati certi dal momento in cui avevano compreso cosa fosse quel fagotto intravisto sulla neve: era proprio la bambina che attendevano da anni, l’avevano aspettata a lungo e finalmente lei si era decisa ad arrivare.
Si presero per mano, accarezzarono dolcemente la piccola e divennero una famiglia.
Nessun commento:
Posta un commento