lunedì 9 ottobre 2023

Lettura della sera ... Il PIccolo Ranocchio Di Tiziana Pacciola

   

Ciao,

Tiziana continua a regalarci alcuni suoi lavori per questo nuovo appuntamento serale.

Dal suo libro Fabula Rasa iniziamo con  “Il Piccolo Ranocchio”.

Buona lettura J


Era appena uscita dalla sala da ballo, non ne poteva più della musica assordante e del vociare confuso degli invitati, senza contare che quelle maledette scarpette nuove erano terribilmente strette.

Neanche il tempo di raggiungere il prato che le scarpe vennero lanciate con rabbia contro un cespuglio di rose, “Meglio scalza che indolenzita”, pensò.

E dire che la giornata era iniziata all’insegna della perfezione: nel castello tutti erano in fibrillazione e fervevano i preparativi per la festa che avrebbe decretato l’inizio della primavera.

La giovane principessa era eccitatissima all’idea di poter finalmente indossare il sontuoso abito da sera, cucito appositamente dalla sua sarta personale, e sfoggiare i gioielli sfavillanti che le erano stati donati dal padre per l’occasione.

Tutto stava andando per il meglio, fino all’arrivo di un messaggero, proprio nel bel mezzo di un ballo che conosceva benissimo, che recava una notizia nefasta: non era stata ammessa all’Università.

Nella lettera si accennava vagamente a punteggi insufficienti, a errori, scrittura indecifrabile, e il Rettore quasi si scusava di negarle l’accesso alla sua prestigiosa Facoltà, ma la famiglia Reale doveva comprendere che non sarebbe stato corretto fare favoritismi... il test di ammissione era risultato fallimentare.

E adesso?!

Nel ripensarci le lacrime presero a solcarle le guance, preferì uscire a prendere una boccata d’aria piuttosto che farsi scorgere dagli ospiti rischiando di rovinare il lieto evento annuale.

Ancora con la lettera in mano si avvicinò alla maestosa fontana ovale posta al centro del parco secolare, la rilesse per l’ennesima volta e, colta da un accesso d’ira, la spezzettò in mille coriandoli.

Ripensò ai giorni e alle notti sprecate sui libri nel vano tentativo di memorizzare, imparare, incamerare quante più nozioni possibili.

Studiare le era sempre piaciuto, e solo grazie alla tenacia innata era riuscita ad aggirare tutti gli ostacoli della sua strana condizione: dislessia!

Così l’avevano definita.

Una cosa inaudita che dovesse capitare proprio a lei che amava così tanto leggere.

Ma a pensarci bene fu solo grazie alla propria immensa passione per la lettura che riuscì a superare qualsiasi ostacolo posto tra lei e i libri custoditi nella biblioteca di famiglia: si era messa in testa che avrebbe letto uno per uno tutti i volumi degli innumerevoli scaffali, ed era stata di parola.

Peccato che proprio durante quello stupido test di ammissione la sua dislessia fosse tornata a crearle problemi: le si era inceppato il cervello, il vuoto assoluto si era parato di fronte, nella testa un rumore di sottofondo che le impediva di concentrarsi, lo sguardo fisso sulla parola “TEST” scritto in alto sul foglio e, nonostante si fosse sforzata fino a sudare da capo a piedi, le lettere avevano preso a danzare sul foglio, ingarbugliandosi fino a cessare di avere un senso compiuto.

Aveva deciso di restare seduta tentando di calmarsi, ripetendo a mente tutte le frasi che negli anni erano servite nei momenti di grave agitazione per tornare a ragionare lucidamente, ci provò e riprovò, l’intenzione era quella di sfruttare il poco tempo rimasto per rispondere a quante più domande possibile ma, visti i risultati, con ogni probabilità aveva scribacchiato le risposte a casaccio e non ne aveva azzeccata nemmeno una.

Al ricordo di quella giornata terribile riprese a piangere disperatamente e quasi non si accorse di uno strano esserino che, fuoriuscito di poco a pelo dell’acqua, si era poi issato su una grande foglia e la guardava incuriosito.

La fanciulla si girò appena in tempo per osservare un movimento repentino alle sue spalle, qualcosa aveva appena spiccato un balzo e si era avvicinato timoroso.

Lo osservò perplessa, era viscido e di un colore verde accecante come non ne aveva mai visto prima, «Anche il rospo mutante ci mancava stasera!», affermò con un sospiro rassegnato mentre si passava il dorso delle mani sulle guance per asciugarle.

Non si aspettava in risposta altro che un sonoro gracchiare e rimase esterrefatta nell’udire uscire dalla bocca della rana una melodia romantica.

Wow, che meraviglia!!!

Una canzone d’amore che pareva una serenata, capace di incantare e sorprendere il cuore di qualunque fanciulla.

Al termine dell’improvvisata esibizione la principessa con un filo di voce gli chiese «Com’è possibile che un rospo sappia cantare?!».

E l’esserino, sfoggiando un timido sorriso, rispose «Mia splendida principessa, so fare questo e molto altro. Vuoi che ti confidi un segreto segretissimo?».

La curiosità della principessa era divenuta proverbiale in tutto il Regno, non si sarebbe lasciata scappare l’occasione di ascoltare la storia di quello strampalato cantante per nulla al mondo.

«Vedi mia cara, non sono nato rospo. Un tempo ero un giovane e aitante principe, possedevo castelli e terreni, immense ricchezze e la mia avvenenza era osannata tra i vicoli e le strade del mio vasto Regno».

«Ohhh! E come ti sei ridotto in questo stato?», si morse la lingua, preoccupata di averlo offeso.

E sì che la rimproveravano sempre dell’eccessiva disinvoltura delle sue domande! Glielo dicevano sempre di contare fino a dieci prima di aprire bocca, ma era più forte di lei: doveva dire tutto quello che le passava per la mente.

Non parve affatto seccato del commento della principessa e si apprestò a rispondere, «Un meschino sortilegio. Praticato da una strega malvagia, furiosa con me per averla rifiutata».

Spalancò gli occhi nell’udire quell’inattesa confidenza, «Mi dispiace molto, ma non si può forzare un sentimento», di questo era più che certa, di storie d’amore ne aveva lette a bizzeffe e tutte partivano dal presupposto che i sentimenti fossero spontanei e sinceri.

«Fa piacere sentirtelo dire, lo penso anche io, ma quando ho tentato di spiegarlo alla strega lei non ha voluto sentire ragioni e mi ha trasformato in quello che vedi adesso», e si indicò con le zampe anteriori, pareva a disagio nel presentarsi in quelle vesti.

«Che storia triste!», la principessa era rimasta sconvolta dall’apprendere come si potesse diventare così cattivi e vendicarsi con gli altri per le proprie frustrazioni.

«Mi spiace di averti rattristato principessa, so che hai un animo delicato e gentile», piegò la testa di lato nel dirlo e rimase a osservarla con lo sguardo languido.

«Come fai a saperlo?».

«Oh, niente di più facile, è da tanto tempo che ti osservo. Ti seguo a distanza quando passeggi nel parco, e mi fermo poco lontano da te quando studi seduta sul prato. Ogni tanto mi sono azzardato ad avvicinarmi alla tua finestra e ti ho osservata mentre dormivi, sei così bella», abbassò gli occhi in leggero imbarazzo.

«Mi spii?», non se ne era mai accorta.

«Oh, no! Sogno», un paio di balzi per avvicinarsi ancora di più.

«Che vuol dire?».

«Sogno una vita insieme a te, ecco... per dirla tutta... lo so che non dovrei osare parlarti in questo modo, ma sono innamorato di te da tanto tempo».

All’inaspettata dichiarazione d’amore il cuore della giovane perse un paio di preziosi battiti, possibile che l’amore della sua vita, quello che aspettava fin da bambina, si fosse rivelato sotto le spoglie di un mostriciattolo viscido e verdognolo?!

Si accorse della reazione della ragazza e si sentì in dovere di aggiungere «Non ti chiederei mai di innamorarti di me in queste condizioni, ma forse saresti disposta a sposarmi una volta sciolto l’incantesimo che mi imprigiona...», il tono speranzoso.

«Dici che esiste un modo?», l’idea di aver trovato l’amore della propria vita la rese euforica.

«Basterebbe un solo bacio vero e sincero e io tornerei a essere un uomo», aveva atteso quel momento da tanto di quel tempo da temere che avrebbe vissuto in quello stato il resto della propria esistenza e adesso che era così vicino al proprio obiettivo non conteneva più la propria gioia.

La principessa sorrise, «Basterebbe un bacio?».

«Te l’ho detto, un solo bacio», allargò le zampe anteriori per enfatizzare la semplicità della questione.

La principessa accettò con un cenno del capo, allungò la mano verso il ranocchio, attese che lui con un balzo si accomodasse e l’avvicinò al viso.

Chiuse gli occhi, incerta di riuscire nell’intento di baciare un essere tanto ripugnante, ma mentalmente cercava di convincersi che si trattasse di un gesto necessario, e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa in nome dell’amore della propria vita.

Già si vedeva in giro per il mondo a fare le esperienze più disparate, conoscere popoli lontani e usanze diverse da quelle a cui era abituata, imparare lingue nuove, gustare cibi sconosciuti… il tutto abbracciata al compagno perfetto.

Proprio ad un soffio dalle labbra il ranocchio, mosso da un eccesso di contentezza, sicuro di aver finalmente raggiunto il proprio scopo, ebbe l’ardire di aggiungere «Vedrai mia cara, insieme saremo felici, la coppia più bella del mondo. Appena torneremo nel mio Regno ti presenterò mia madre. È la donna migliore dell’universo, vedrai, la adorerai.

E lei sarà felice di conoscerti e per ripagarti di avermi liberato dall’incantesimo ti insegnerà a cucinare tutti i miei piatti preferiti e ti spiegherà come accudirmi al meglio.

Potrai occuparti delle pulizie del castello come riterrai opportuno, ti consentirò di coccolarmi quanto vorrai e di vivere per compiacermi» e sul finire della promessa sporse le labbra in attesa dell’agognato premio.

 

La principessa terminò la serata nelle cucine del castello.

Nella tasca i brandelli della lettera che aveva stracciato in mille pezzi e nella mente un unico pensiero: “Studierò di più e meglio, mi preparerò con più calma, utilizzerò gli schemi che mi occorreranno, supererò test e dislessia e quel posto all’Università sarà mio”.

Stava ancora ragionando sulla carriera e sui viaggi che avrebbe intrapreso, mentre stringeva il manico della padella nella mano destra e ne versava il contenuto in una ciotola di terracotta.

“Università, sto arrivando”, pensò nel gustare l’ultima cucchiaiata della zuppa di rana che aveva davanti.

 

 

 

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