lunedì 16 ottobre 2023

Lettura della sera ... Alice e il Cappellaio Di Tiziana Pacciola

     

Ciao,

Dal suo libro Fabula Rasa Tiziana ci regala un’altra storia, “Alice e il Cappellaio”.

Buona lettura J

Alice e il Cappellaio

 

Forse non lo sapete, o conoscete solo parte della storia perché nessuno l’ha mai raccontata prima... ma Alice e il Cappellaio erano segretamente innamorati.

Lui non era matto, ma pazzo... pazzo d’amore per lei, consapevole della distanza incolmabile tra i rispettivi mondi, della necessità di continuare a percorrere la strada che il fato aveva già segnato per loro, di impedire con tutte le forze che gli restavano di farle e farsi del male.

La evitava accuratamente, ogni qualvolta le distanze tra di loro rischiavano di ridursi pericolosamente.

Si era sempre dimostrato un amico fedele e devoto, ma bastava un solo sorriso di Alice per far vacillare compostezza e buone intenzioni, al solo incrociarne lo sguardo la fermezza si tramutava in arrendevolezza e al profumo della sua pelle… oh, a quello proprio non sapeva resistere!

In un’occasione di troppo il buonsenso si era deciso a migrare lontano lasciandolo in balia del tumulto dei sentimenti e assordato dal trambusto del proprio cuore, e si arrese a prendere la decisione che avrebbe scritto la parola fine ai suoi vaneggiamenti: “Devo mandarla via”, continuava a ripetersi.

La convinse dell’assoluta urgenza di tornare a casa sua, per evitare di danneggiare la sua giovinezza, per resistere ai sentimenti innescati a tradimento da quella ragazza tanto strana quanto eccezionale, per non cadere nella trappola tesa dai sensi e dal cuore, per evitare che Alice rinunciasse alla vita a cui era destinata: lei doveva vivere appieno, colmarsi di gioia, crearsi una famiglia, occuparsi di tutte le persone che le volevano e le avrebbero voluto bene.

Non poteva certo pretendere, in un eccesso di insano egoismo, che abbandonasse tutto per lui, che scegliesse di vivere solo per lui... non era mai bastato a se stesso, manchevole in mille modi diversi, difettoso fin dalla nascita e tacciato da tutti come personaggio strambo, sconsiderato, frivolo e con la testa perennemente tra le nuvole.

Come pretendere di attirare l’attenzione di un essere tanto puro e generoso?

Pensare di colmarne l’animo di tenerezza e amore?

Donarle tutto ciò che ogni fanciulla sogna fin da bambina?

Rendere felice una donna unica, meritevole di piccole e grandi attenzioni, l’amore e tutta la felicità di questo e altri mondi?

No, no… non esistevano alternative: Alice doveva far ritorno a casa sua, a costo di spingerla a forza dall’altra parte del varco.

E lui si mise d’impegno nel convincerla della sincerità delle proprie parole, di quanto fosse necessario, anzi vitale, il suo ritorno: «Parti serena, mio tesoro, il tuo viaggio in questo mondo termina qui. Te ne sarai resa conto, non hai motivo per restare!», il tono fermo, sicuro, gli costò uno sforzo sovrumano.

La consolò appena spuntarono le prime lacrime, e per un attimo, solo per un attimo, si concesse il lusso di sognare che quelle gocce di rugiada fossero per lui, che le costasse abbandonarlo, che ricambiasse in minima parte i sentimenti che lo avevano scosso dal primo momento in cui era apparsa a tradimento nella propria insulsa quotidianità.

Ma l’illusione fu di breve durata, inutile prolungare l’agonia dei saluti, risultò finanche brusco nel salutarla e non si voltò indietro, pur sapendo che Alice avrebbe pensato male e si sarebbe fatta l’idea che lui non vedesse l’ora di liberarsene.

Nel ritornare sul sentiero che lo avrebbe condotto a casa, ricacciò indietro lacrime e pentimento, e tentò di prendere fiato, ma una morsa invisibile si fece largo nel petto e prese a stringere, e stringere, e ancora, sempre più forte fino a quando non fu costretto a urlare tutto il suo dolore e accasciarsi sull’erba privo di forze.

Gli amici lo ritrovarono all’alba, dopo averlo cercato invano tutta la notte.

Era infreddolito e delirava a causa della febbre alta, fra le frasi sconnesse continuava a invocare il nome di Alice e tutti si poterono fare un’idea precisa di cosa gli fosse accaduto.

Ma mai lui ne fece parola e mai nessuno lo forzò a confidarsi, ogni sentimento doveva rimanere segregato nella prigione del proprio cuore e basta.

 

Si era preoccupato di non danneggiarla, aveva pensato solo al bene di Alice, si era focalizzato su quella che credeva sarebbe stata la scelta migliore per lei.

Ciò che non aveva messo in conto fu il costo di questa decisione, in termini di sofferenza.

Non aveva dato peso al senso di distacco che lo avrebbe soffocato nei giorni a seguire.

Aveva volutamente evitato di soffermarsi sui lineamenti del suo viso, tanto prima o poi sarebbero sbiaditi nella sua memoria, di questo andava convincendosi.

Purtroppo per lui però, non era riuscito a costruire in tempo un muro che lo avrebbe messo al riparo dal ricordo del tempo trascorso insieme.

Si lasciò scorrere addosso i minuti, i giorni, i mesi… si accumularono su di lui tutti uguali, grigi, monotoni, del tutto privi di qualsiasi emozione, mentre la mente correva da lei, e si riscopriva a ripercorrere i tratti del suo viso, il colore dei capelli, la profondità dello sguardo, rivedeva le dita affusolate e le labbra piene e la pelle bianca.

Non aveva dimenticato nulla, quasi si fosse impressa a fuoco nella sua memoria.

 

E Alice?! Alice tornò alla sua vita, agli impegni quotidiani, agli affetti della famiglia e degli amici più cari.

Avevano festeggiato a lungo il suo ritorno e lei si sentì grata delle dimostrazioni di affetto di cui la colmarono.

La sua famiglia si rassicurò della sua totale felicità nell’essere tornata a casa, di non aver più alcuna intenzione di girovagare per il mondo, con la prospettiva di contrarre un matrimonio soddisfacente, crearsi un proprio nido e riempirlo di cuccioli, e lei avrebbe tanto voluto dimostrarsi accondiscendente e soddisfare le aspettative dei genitori, ma i ricordi dei giorni trascorsi con il Cappellaio l’accompagnavano nel sonno.

Un’ossessione di cui non riusciva a liberarsi: a tradimento le pareva di scorgere il suo sorriso amorevole fra la folla, di riconoscere uno dei suoi buffi cappelli sulla testa di qualche sconosciuto incrociato per strada, di sentire la sua voce che la incitava a proseguire, a non lasciarsi andare allo sconforto, a mettere in atto un ultimo tentativo.

Ricordava una per una le battute con cui le strappava una sonora risata e le volte in cui la stuzzicava fino all’irritazione, le carezze tenere e gli abbracci avvolgenti.

E ogni tanto ripensava anche alle occasioni in cui scorgeva nello sguardo di quell’uomo, sfuggente e particolare, uno strano luccichio: la fissava e poi chiudeva gli occhi, come a ricacciare indietro un pensiero inopportuno.

Si era chiesta se lui avesse mai pensato a lei come a qualcosa di più di una semplice ragazzina, se ci fosse la remota possibilità che un angolo del suo cuore potesse essere dedicato a lei e a lei soltanto, se - ma era consapevole che non sarebbe mai e poi mai accaduto - lui sarebbe mai stato in grado di amarla…

In svariate occasioni si era recata di nascosto nel bosco, aveva individuato senza ombra di dubbio l’albero cavo attraverso il quale era scivolata dritta tra le sue braccia, si era inginocchiata al suo interno e concentrata fino ad addormentarsi nel vano tentativo di riaprire il varco.

Ad ogni fallimento ritornava a casa sconsolata e di pessimo umore, fingeva un malessere per evitare di fornire spiegazioni ai familiari e si chiudeva in camera a sfogare lacrime e frustrazione.

Con il passare del tempo si convinse che non lo avrebbe rivisto mai più.

Si rassegnò alla sensazione di mancanza continua e costante, mentre un languore si insinuò a tradimento nell’animo.

Comprese tardivamente l’errore commesso nell’ascoltare i consigli del Cappellaio: non se ne sarebbe mai dovuta separare. “Sono stata una sciocca a dargli retta”, questo il pensiero che rimbombava giorno e notte nella sua mente.

Con l’inutile senno del poi, avrebbe agito diversamente e di sicuro gli avrebbe dichiarato in faccia i propri sentimenti, urlandogli contro la sofferenza che le aveva inflitto con quella separazione strappata con l’inganno.

Avrebbe rischiato anche un rifiuto ma, quanto meno, nel sentirsi dire che non ricambiava emozioni e sentimenti se ne sarebbe fatta una ragione e prima o poi lo avrebbe dimenticato, ma così… con quello strano amore lasciato in sospensione… così non sarebbe mai stata capace di metterlo da parte.

L’unico stratagemma che trovò per tentare di lenire la propria sofferenza fu di provare a odiarlo, e si mise d’impegno cercando ogni difetto che lo rendesse subdolo ai propri occhi, scovando mancanze e pecche nel comportamento, convincendosi che fosse l’uomo più falso e meschino in cui potesse incappare, addirittura immaginandolo impegnato con altre donne.

Fu tutto inutile.

 

Trascorsero gli anni, senza che i sentimenti di entrambi venissero scalfiti dal centellinarsi inesorabile del tempo.

Un giorno come tanti, mentre passeggiava per le vie affollate della città, un profumo attraversò il tempo e lo spazio per riportarla ai momenti trascorsi con il Cappellaio, lo avrebbe riconosciuto tra mille: l’odore della sua pelle.

Ancora prima di girarsi e vederlo, una vibrazione l’avvertì della sua presenza.

Rimase completamente immobile sul marciapiede, incapace di muovere un solo passo, i sensi trasportati dai ricordi, la necessità di godere più a lungo possibile della beatitudine ricavata e la paura di scoprire che si era trattato di uno stupido scherzo della mente, una suggestione dettata dalla mancanza, un’illusione che si sarebbe dissolta di lì a poco.

Si fece coraggio, si voltò e le apparve dall’altro lato della strada.

Si sforzò di riprendere a respirare, sbattendo ripetutamente le palpebre per accertarsi che gli occhi stessero svolgendo il proprio lavoro.

Era proprio lui... privo di quel buffo copricapo da cui non si separava mai, i capelli lunghi a incorniciare un viso perfetto e a fare da sfondo a quegli occhi incredibili e profondi che vedevano solo lei.

Aveva lasciato per sempre il Paese delle Meraviglie, l’aveva cercata a lungo, deciso a ritrovarla e confessare quanto abilmente taciuto, ammettere di aver commesso un grave errore a lasciarla andare e chiederle di completare il loro cammino. Insieme.

Era bastato scambiarsi un solo sguardo per promettersi amore eterno.

 

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