mercoledì 8 maggio 2024

AperiChiacchierata con ... Roberta Placida - La poesia nella Scuola (2)

 

 

Ciao,

Questa sera saremo in compagnia di Roberta Placida per continuare a  parlare dell’importanza della poesia nella scuola.  

 

 

MC -  Cosa pensi dell’introduzione dell’educazione sentimentale/affettiva a scuola?

Roberta – Mi chiedo se chi ha fatto questa proposta che, ahimè, diventerà operativa, conosca davvero la scuola. Noi insegnanti facciamo ogni giorno educazione alla affettività, alla gestione delle relazioni; lavoriamo per prevenire il bullismo, l’ignoranza, l’omofobia, per educare al rispetto e alla tolleranza e lo facciamo nel modo che sappiamo fare meglio: insegnando! Appena ho sentito di questa “idea” mi sono indignata e ho scritto un post su Facebook, che, se vuoi, ti riporto integralmente: credo che esemplifichi al meglio il mio pensiero in proposito: «Uno slogan: "Introduciamo l'ora di educazione all'affettività, e il problema si risolverà!" Mi dispiace rompervi il giocattolino, ma a scuola lo facciamo già, trasmettendo cultura e istruzione e i valori ad esse legati. Sapete, non si insegnano Dante, Cavalcanti, Petrarca, senza parlare dell'amore e del rispetto per la donna; non si leggono "I promessi sposi" senza parlare della brutale ossessione di don Rodrigo nei confronti di Lucia e di come quella non è amore, ma violenza e sopraffazione; non si parla di poesia durante la guerra senza esaltare la pace, la tolleranza, la compassione e la fraternità tra gli uomini... ma secondo alcuni queste sono materie inutili, che non aprono le porte al mondo del lavoro, fatto di tecnica e tecnologia - che, badate bene, io non demonizzo, anzi, le utilizzo come strumento didattico e di divulgazione culturale- di conti e numeri... e, sempre secondo alcuni, è lecito usare un linguaggio scurrile e violento nei confronti dell'altro/a addirittura in sedi istituzionali; è lecito dire che è la donna che non deve "andarsela a cercare"; è lecito dire che coloro che muoiono in mare, in fondo in fondo, se la sono cercata pure loro; è lecito dire che chi vive una sessualità diversa da quella considerata "normale" non è normale e per questo deve subire... allora, mi chiedo, non è che sarebbe il caso che l'ora di educazione affettiva, o, meglio, l'ora di educazione, inizino a farla anche questi “alcuni”? Inoltre, a scuola c'è anche l'educazione civica in cui si parla di rispetto, condivisione, tutela dei diritti. Quindi?» Spero di aver risposto 😊

MC – si hai risposto ma, secondo me, parzialmente. Mi spiego o cercherò di farlo. Che tu o molti altri lo facciate già nelle scuole, non vuol dire che tutti lo facciano,  molti con la scusa che non  è nel programma magari vanno oltre oppure lo fanno in maniera superficiale. Secondo me,  che lo stato decida di introdurla forse vuole che venga svolta da tutti con dei punti base che siano uguali e da cui partire coinvolgendo ancor di più  gli alunni e anche i loro genitori che spesso si trovano impreparati  nel parlare di certi argomenti con i figli. E magari,  dico io… parlare anche di alcuni argomenti  attuali ma che non si affrontano come si dovrebbe. E’ una mia idea, magari mi sbaglio.

R – Sai, io credo che l’educazione all’affettività, alla bellezza, alla relazione in qualche modo siano intrinseche, in modo più o meno esplicito, in ogni disciplina. E comunque a scuola, in maniera trasversale, si educa ad un comportamento corretto. Sai quando si ottengono i risultati migliori? Quando le famiglie collaborano senza giustificare le intemperanze dei figli. E comunque continuo ad essere convinta che la scuola non possa e non debba essere la panacea di tutti i mali! Per quanto riguarda quello che dici tu, cioè che “molti con la scusa che non  è nel programma magari vanno oltre oppure lo fanno in maniera superficiale” rispondo, forse ripetendomi, che: 1) a scuola non sono tollerati atteggiamenti e comportamenti vessatori, maleducati e prepotenti nei confronti di altri e quando si verificano vengono ben stigmatizzati; 2) per contrastare fenomeni come bullismo, violenza di genere e violenza in generale ci vorrebbe una riforma totale della società in cui viviamo a partire dai mass media, per arrivare ai politici, e a chi è preposto a “giudicare”, o , comunque, a far luce su tali abomini (mi viene in mente una certa domanda fatta da un’avvocata - notare la desinenza “A”- ad una ragazza vittima di stupro); 3)per fare questo tipo di “educazione” forse ci sarebbe bisogno anche di competenze in campo psicologico che ai docenti non vengono richieste per insegnare: competenze nell’ambito della disciplina di insegnamento, competenze metodologiche e didattiche, ma no competenze psicologiche: siamo sicuri che non si rischia di far danni scaricando sulla scuola la responsabilità della “risoluzione” di disagi così delicati? (infatti, secondo me, in ogni scuola dovrebbe esserci un psicologo per supporto sia agli alunni che agli insegnanti e magari anche per certi genitori che non hanno ben capito cosa serve la scuola L.. ma è una mia opinione)

MC –   Ma andiamo oltre con  una domanda curiosa... lo hai detto ai tuoi studenti di questa nostra chiacchierata?

R – No, per una sorta di pudore che mi contraddistingue. Però, credo, che sarà giusto farla loro leggere: devono sapere come la penso.

MC - Se lo fai ti va di condividere il risultato della vostra chiacchierata magari con  articolo da mettere nel blog? Mi farebbe piacere sentire cosa ne pensano.

R – Perché no?

MC –   Il linguaggio poetico, secondo te,  come è percepito dai ragazzi?

R – All’inizio come un linguaggio astruso, lontano dalla loro realtà. Il problema è che loro usano un linguaggio estremamente semplificato, quasi scarnificato che toglie forza al pensiero. Un alunno tempo fa, mentre spiegavo il XXIII canto del Paradiso, mi ha chiesto: «Prof, ma come fa a capirlo?» era sinceramente ammirato e meravigliato. Ho capito che quello che per me è ormai parte della mia quotidianità – non che parli come Dante, eh- per loro è incomprensibile. Ci lavoro e piano piano entrano in quel mondo meraviglioso che è, non dico il linguaggio poetico, ma la lingua italiana.

MC – e tu cosa gli hai risposto?

R – Che basta studiarlo e quel linguaggio diventa parte di noi. È come quando si studia  una lingua straniera: all’inizio hai bisogno di tradurre parola per parola, poi comprendi subito il senso generale della frase, infine cogli ogni sfumatura della lingua. Ecco: il linguaggio poetico, inizialmente, è per loro una lingua straniera.

MC –   La poesia in questi anni come è percepita dai giovani? C’è una diversità di fruizione tra i ragazzi e le ragazze?

R – I giovani si avvicinano alla poesia con timore e anche, all’inizio, con un po’ di resistenza. Poi iniziano a entrarci dentro e la apprezzano. No, non direi che ci sia una differenza sostanziale nel modo di percepire la poesia tra ragazzi e ragazze, solo le ragazze sono più entusiaste quando si affronta la poesia d’amore, ma poi i ragazzi, una volta superato lo stereotipo culturale -perché di questo si stratta- che l’amore è “cosa da femminucce” la amano e la studiano, se non altro per fare bella figura all’interrogazione.

Mc – mi è venuta in mente una richiesta folle…  sarei curiosa di sapere cosa pensano della mia poesia. Come sai ho scritto un libro di poesie “Schegge di Parole”  ….

R – Fammene avere qualcuna e io gliela sottoporrò per leggerla e analizzarla. A questo proposito una mia collega, la prof.ssa Valeria Fusco a cui mi lega un rapporto di stima e amicizia profonde, ha dato da analizzare una mia poesia ai suoi alunni: aspetto di leggere le loro considerazioni 😊

MC -  Hai mai dato come tema in classe quello di scrivere una poesia?

 R –   In classe no, ma a casa sì. Proprio in questo periodo i miei alunni di prima si stanno cimentando nella scrittura di haiku, il genere giapponese i cui componimenti si sviluppano su tre versi per un totale di 17 sillabe. Sono bravi. (hai ragione è una poesia difficile da affrontare, complimenti ai tuoi alunni) 

MC –  A scuola, se non ricordo male, si analizzavano le poesie che si studiavano, oltre ad impararle a memoria... hai mai fatto con loro anche l’analisi di qualche testo di canzone?

R – Certo. Per due motivi: il primo è che, come ti dicevo, le canzoni sono ricche di tematiche attuali e, quindi, trattarle in musica le rende più fruibili; il secondo riguarda proprio la scrittura delle canzoni: in fondo non sono che poesie in musica e, essendo poesie, usano gli artifici retorici che si studiano quando si analizza il testo poetico: per i ragazzi scoprire che poesia e canzone hanno la stessa radice e lo stesso impianto tecnico, è sorprendente e questo fa sì che attraverso un linguaggio a loro più consono e familiare, entrino in quello poetico.

MC -  secondo te,  cosa trovano i giovani nelle nuove canzoni che, onestamente,  ho difficoltà nel capirle e considerarle belle... tranne qualche eccezione.

R – bella domanda. Io ho capito che se voglio portarli “dalla mia parte” devo imparare ad ascoltarli e ad ascoltare il loro mondo. Credo che trovino espressione alle loro emozioni più nascoste che, spesso, non sanno decodificare e, di conseguenza, vivere in maniera serena. Un mio alunno scrive canzoni. Non è il mio genere, ma i suoi testi sono molto profondi e ci ritrovo molto delle “chiacchierate” fatte in classe. La poesia trova sempre la strada per esprimersi e illuminare la vita.

MC -   Alla prossima J perché mi sa che questo argomento ha ancora molto da dirci.

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