giovedì 10 novembre 2022

TERMINI SOLARI, ECOSISTEMA, ORIGINE DEI RAVIOLI E DEGLI INVOLTINI PRIMAVERA


 

TERMINI SOLARI, ECOSISTEMA, ORIGINE DEI RAVIOLI E DEGLI INVOLTINI PRIMAVERA

 

 Ciao, 

oggi vi parlo dei 24 termini solari cinesi e asiatici in generale.  Per chi non ne fosse a conoscenza, in Cina, in Giappone e in Vietnam, il calendario agricolo tradizionale da sempre scandisce la vita delle persone e il lavoro dei contadini. Le quattro stagioni sono suddivise in 24 micro stagioni che furono stabilite secoli fa osservando i fenomeni naturali in ogni precisa fase dell’anno. Ogni periodo dura quindici giorni e corrisponde al cambiamento di posizione della Terra sulla sua orbita intorno al sole, perciò vengono chiamati termini solari. Ogni stagione è suddivisa in sei periodi che sono chiamati inizio di primavera, acqua piovana, risveglio degli insetti, equinozio di primavera, chiaro e luminoso, pioggia per il grano, inizio d’ estate, germogli di grano, germogli nella spiga, solstizio d’estate, calore minore, calore maggiore, inizio d’autunno, fine del calore, rugiada bianca, equinozio d’autunno, rugiada fredda, discesa del gelo, inizio dell’inverno, piccola neve, grande neve, solstizio d’inverno, freddo minore e freddo maggiore.

 In principio queste fasi stagionali erano il volere della natura, l’uomo non poteva controllarle perché tutto sulla Terra era regolato dal Tao e si obbediva al Cielo. L’autore cinese Geng Li nei suoi racconti spiega che gli antichi avevano una vista acuta come quella dei falchi e delle aquile, e occhi gentili come quelli di Buddha. I loro cuori erano tranquilli e, ogni volta che c’era un suono in natura, se lo segnavano dentro, oppure sui muri o sugli alberi.

Tutto era puro e incontaminato; nel classico Il Sogno della Camera Rossa il personaggio di Miaoyu rinchiude in un barattolo dei petali di fiore di pruno innevati, sotterra il contenitore per tre anni, dopodiché lo dissotterra e con i petali e la neve prepara il tè. Oggi, con lo smog ovunque e i suoi agenti cancerogeni, è impensabile, ci si intossica. Siamo cresciuti senza temere tutto ciò che riguarda la Terra che calpestiamo. Geng Li dice che con la timidezza e la devozione l’anima entra nella gloria divina.

I termini solari, collegati tra loro, formano una perfetta ellisse piena di suoni ma, nell’epoca attuale, non li sentiamo più.  I bulldozer hanno preso il controllo delle città danneggiando tutto, il verso dei grilli è impercettibile, così come quello di altri animali, delle piante che crescono, dei fiori che sbocciano. Il rumore dei motori ha sostituito il gracidio delle rane e il frinire delle cicale. L’inquinamento devasta il mondo, la natura è ferita e all’uomo mancano poesia, fantasia e spiritualità. Oggi ci siamo allontanati dalla Terra, siamo sepolti nei centri commerciali e dietro il computer sulla scrivania.

 

L’autore dice: “Voglio incontrare una vecchia casa, un albero antico, sentire il gergo di campagna nella canzone di un anziano. Voglio essere spintonato dalla gente rumorosa al mercato, insultato dalla contadina che vende il latte.”

 

 

Sembra una frase contestabile e provocatoria ma capisco il suo desiderio perché anch’io in otto anni trascorsi in Cina ho vissuto l’atmosfera unica delle campagne, specialmente di quelle abitate dalle minoranze etniche. Posso dire che in certe zone rurali o montagnose di confine il contatto con la natura è ancora molto stretto, anzi simbiotico. Sono zone geografiche definite selvagge, difficili e inospitali dove l’aria è pura e le foreste sono semi inesplorate.  Sono zone distanti dalla modernità.

Durante un’intervista, riferendosi al mio ultimo romanzo Il Circolo delle Donne Farfalla- Mugao e Bhaktu, una giornalista mi ha chiesto cosa possiamo imparare dalle protagoniste del libro: quattro donne anziane con i visi tatuati che vivono sole e ai margini nella remota e isolata Gorgia del Nujiang. Sono quattro donne realmente esistite che rappresentano un popolo in via di estinzione legato ad antichi rituali, alla mitologia locale e all’animismo. Raccolgono erbe e piante medicinali nel bosco, parlano con gli animali, con gli spiriti buoni e con i defunti.  Gli indigeni definiscono la loro vita primitiva, anche se l’aggettivo non suona bene. Sembra quasi dispregiativo ma può assumere un significato completamente nuovo se osserviamo i loro gesti e le loro abitudini, che hanno qualcosa di magico e di legato al divino. Le loro ballate e nenie stridule riportano alla genesi, agli albori della storia. Nella loro vicinanza al Pianeta e nel rapporto stretto con l’ecosistema si nascondono le nostre origini, l’essenza dell’umanità. La sciamana Puma Nanmusa sente la voce delle anime, parla con ogni tipo di vegetale e arbusto e osserva le piante epatiche che ricoprono le pareti e il tetto della sua casa perché il loro spessore incide sulla salute. Per lei tutti gli esseri viventi sono usciti dallo stesso tronco d’albero, il sacro e odoroso pino della selva, perciò il rapporto tra l’uomo e la natura è indissolubile.

 

Le quattro donne, prima di addentrarsi nella foresta per raccogliere fritillarie, radici e altre piante, compiono sempre un rituale perché, come gli antichi, vivono seguendo le regole degli avi e del Creatore senza farli arrabbiare. Sono rispettose e umili dinnanzi alla magnificenza del Pianeta. Non sconvolgono l’equilibrio dell’ecosistema, non approfittano della generosità di Madre Natura. Sono semplici e autentiche. Ci insegnano la gratitudine e dal loro esempio si può imparare a condurre un’esistenza più spartana, a non essere schizzinosi né pretenziosi, ad accontentarci di piccole cose basilari.

Le Donne Farfalla seguono il Calendario dei Fiori e degli Uccelli, che suddivide l’anno in dieci stagioni ed è diverso da quello agricolo cinese di altre zone del Paese. Si affidano al Nujiang, il grande fiume della gorgia, che influenza i raccolti del mais e la crescita regolare di settemila varietà di vegetali e di frutti di cui si nutrono e che sono il loro principale sostentamento. 

A proposito di cucina e di termini solari: conoscete le origini dei ravioli cinesi che si mangiano durante il solstizio d’inverno? Si dice che la tradizione dei ravioli abbia origine dal saggio dottor Zhang Zhongjing (150- 219 d.C.) che tornò a casa dopo aver servito come funzionario nel Jiangnan. Era il solstizio d’inverno, c’erano vento e forti nevicate. Vide che al suo paese la gente non era vestita in modo adeguato per affrontare il freddo e che aveva le orecchie gelate. Mosso da compassione, davanti alla sua casa fece allestire un capanno che fungesse da ambulatorio medico; prese della carne d’agnello, del peperoncino e delle erbe medicinali contro il gelo e fece bollire tutto in una pentola. Poi tritò il bollito, racchiuse dei bocconcini di ripieno in cerchi di pasta, li buttò in pentola e preparò una medicina chiamata “zuppa di orecchie congelate” che diede alla gente. I compaesani dopo aver mangiato la zuppa guarirono. In seguito nacque l’usanza di “pizzicare le orecchie”, ovvero di racchiudere con le dita i ravioli, che diventarono il cibo base per affrontare l’inverno. 

 

 

Il primo giorno di primavera gli antichi mangiavano già i famosi involtini con un cuore di verdure di stagione tagliate a listarelle. La prima a preparali fu una moglie devota che, vedendo il marito saltare i pasti e studiare giorno e notte per prepararsi agli esami imperiali, gli portò in camera un piatto di involtini primavera di buon augurio. Da quel giorno il letterato si nutrì e fece progressi negli studi. 

Un antico poema cinese recita: “Compra il vino in un otre di giada, si gode la pioggia nella capanna di paglia. Si siede, medita, si migliora, diventando una persona virtuosa… È pallida come un crisantemo e legge un libro datato.”

In questi pochi versi sono racchiusi i consigli dei nostri saggi antenati.

 

FIORI PICCO

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