martedì 26 novembre 2024

IL RICORDO DI UN NATALE INSOLITO di Fiori Picco

 

 Foto by Pexels-Pixabay

 

IL RICORDO DI UN NATALE INSOLITO

 Era il 2002, vivevo sola in Cina, nella città di Kunming, e insegnavo presso il Dipartimento del Turismo dell’Università Normale dello Yunnan. I miei allievi erano gli studenti dei corsi di Business English, di Fiere e Congressi Internazionali e di Progettazione di Giardini e di Paesaggi. 

Ero una giovane insegnante di cultura europea, ogni giorno attraversavo la città con l’autobus per raggiungere l’Istituto. L’insegnamento a venticinque anni, in quel distaccamento di periferia, fu un’esperienza costruttiva e una prova di coraggio, infatti mi fu chiesto di tenere i corsi in lingua cinese.  Mi trovai a dover gestire una “massa” di studenti poco più giovani di me e ad insegnare loro contenuti ardui in una lingua che avevo appena terminato di studiare. Il timore che i miei allievi mi mancassero di rispetto non mi abbandonava mai, ma presto scoprii che per loro ero diventata un’amica, una figura di riferimento. Spesso mi lasciavano sulla cattedra dei fogli di quaderni con frasi molto carine come: “Sei la migliore del mondo! Dio ti benedica! Mi piaci davvero! Sei la mia guida spirituale!”

Quando si avvicinò il Natale, seppi anche che stavano organizzando una festa per me, per non farmi sentire troppa nostalgia della famiglia e dell’Italia.

Mi arrivò un invito per le diciotto della sera della Vigilia. Come al solito presi l’autobus e mi avviai verso l’Università.

 Quella sera per tutto l’Istituto risuonarono musiche di Jingle Bells e White Christmas, ma quando feci ingresso in palestra, nel salone da ballo allestito per la Vigilia, mi ritrovai trasportata in un’atmosfera euforica e carnevalesca. Lo spazio era illuminato da luci psichedeliche da discoteca. 

Gli studenti maschi indossavano maschere mostruose di gomma verde adatte alla notte di Halloween. Alcuni erano vestiti da scheletri, mentre le ragazze sfoggiavano piume, paillettes e mascherine da Settecento veneziano. Molti miei allievi mi corsero incontro regalandomi palloncini rossi a forma di cuore. All’epoca non comprendevano la nostra tradizione, ignoravano come il Natale fosse festeggiato in Italia e, di certo lo confusero con altre feste tipiche, ma quello fu il loro modo unico e speciale di farmi sentire a casa, accolta e avvolta da calore umano. 

Lo apprezzai tantissimo perché, a prescindere da cosa indossiamo quel giorno, da come interpretiamo la festa, e da come allestiamo gli spazi intorno a noi, Natale innanzitutto significa unione, empatia, affetto, solidarietà e voglia di stare insieme.

A ripensarci fu un evento straordinario.  Quella sera, oltre a ragazzi estrosi, vidi anche due persone un po’ più a tema: l’anziano direttore del Dipartimento di Lingue Straniere, che aveva in testa un cappuccio in stile elfo di Babbo Natale, e il professore giapponese che per l’occasione si era vestito da renna, con una maxi tuta e con due grandi corna ramificate e pelose che cadevano ogni volta che si inchinava a salutare i colleghi. 

Fu una bella festa, animata da danze etniche tipiche dello Yunnan, come la Danza del Pavone e i balli tradizionali tibetani, karaoke, musica pop, gioia e cordialità. Alla fine il Rettore mi regalò un tronchetto di pino decorato con palline colorate e angioletti che appoggiai sul mobile in salotto e che per anni rallegrò la mia casa.  

Ancora adesso per me Natale è innanzitutto condivisione, è potersi sentire in famiglia anche in Cina o nel deserto africano, purché in compagnia di persone care e affezionate. Nel mio Presepe, oltre ai personaggi tipici come i pastorelli e gli zampognari, metto sempre delle statuette che rappresentano le tante e diverse etnie che popolano la Cina, insieme ad altre originarie di vari Paesi del mondo che ho visitato. 

Così l’Avvento diventa un simbolo di globalizzazione, di multietnicità e di vera pace, senza pregiudizi e senza esclusioni.

 

FIORI PICCO

 

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