venerdì 30 agosto 2024

New York, New York

 

Stati Uniti, 1982 / Barbara Avedon, Bamey Rosenzweig, Barbara Corday

Impegnate in uno dei peggiori quartieri di New York, Chris Cagney (Meg Foster) e Mary Beth Lacey (Tyne Daly) sono due donne poliziotto grintose e capaci che si realizzano nel lavoro anche se hanno un'intensa vita privata. La prima era single ma non disdegnava la corte di effimeri boy-friend, mentre la
seconda era fin troppo sposata (con problemi di mutuo, figli e cucina).


Primo telefilm poliziesco incentrato su due donne, Cagney and Lacey (questo il titolo originale della serie) era simpatico e ben realizzato anche se aveva dovuto far fronte a non poche difficoltà. Nel pilot, andato in onda l'8 ottobre
1981, c'era Loretta Swit nei panni di Chris Cagney, ma l'attrice non poté poi apparire nei telefilm perché impegnata in Mash; così fu scritturata Meg Foster.


Dopo la prima stagione, non si sa bene se per problemi contrattuali o perché, come scrisse TV Guide, il settimanale più diffuso negli Stati Uniti, la CBS
considerava la sua interpretazione "troppo dura e poco femminile", la Foster venne sostituita da Sharon Gless. La serie venne cancellata all'inizio del 1983, ma le proteste dei telespettatori si fecero sentire e la casa di produzione approntò sette nuovi episodi. 


Questi ottennero un tale successo che i telefilm di Cagney and Lacey vennero continuati e nel 1985 si aggiudicarono ben sei Emmy, I'Oscar televisivo, come miglior serie, realizzazione, scenario, montaggio, suono e attrice (Tyne Daly). Tra gli altri interpreti possiamo ricordare Al Waxman nei panni del tenente Ben Samuels, Jobn Karlen in quelli di Harvey, il marito della Lacey, e Cari Lumbly, Martin Kove e Sidney Clute in quelli dei detective Mark Petrie, Vietar Isbecki e Paul La Guardia.

L'originalità della serie andava comunque ben al di là dell'idea di aver scelto due donne per un lavoro tradizionalmente svolto quasi esclusivamente dagli uomini, tanto nella realtà quanto nei telefilm.


giovedì 29 agosto 2024

Libri: Il mondo di cristallo - la Terra, l'uomo, la crisi ambientale di Gabriele Bertacchini

 

Giusy Locatelli

Gebriele Bertacchini è un naturalista che esordisce in letteratura nel 2017 con il suo "Il mondo di cristallo" (Robin Edizioni), un saggio che si trasforma spesso in trattato filosofico fino a sfiorare il misticismo.

   L'autore gioca sulla dicotomia tra il mondo naturale e quello artificiale costruito dall'uomo, dove nuove regole dettano le direzioni e i ritmi della vita, sempre più lontani da quelli della Natura. Tempo, energia, equilibri, tutto assume un nuovo modo di essere e fluire cancellando il mondo del passato nel nome di un'evoluzione che si dimostra però una costosa dipendenza. Trasformandoci in altro da ciò per cui siamo stati concepiti: animali tra gli animali.

   La scrittura di Bertacchini è asciutta, breve, ma carica di significato in ogni sua frase e parola. Parte sempre dall'osservazione diretta di ciò che ci circonda, dal più piccolo filo d'erba alla vastità del Cosmo, per arrivare al confronto col mondo parallelo trasformato dall'uomo e inglobato in una gabbia di cristallo. Le sue pareti trasparenti mostrano ancora il mondo che ci circonda, ma lo fanno dalla loro fragilità.

   Su tutto impera il Sole, fonte prima di energia vitale, sempre scritto con la maiuscola; seguono il Mare e la Terra con tutti i suoi abitanti. In questa struttura, ogni creatura nasce per essere semplicemente ciò che è, nel suo preciso contributo all'equilibrio del sistema vitale, mentre l'Uomo cosa fa? Avanza imperturbabile in una folle corsa senza fine, fatta di abuso, distruzione e stravolgimento dell'ordine delle cose. L'autore, come ogni umano pensante in grado di andare oltre l'apparenza di questo vivere fittizio, ne resta sconvolto e atterrito: «Le regole del [nostro] mondo non sono quelle della vita. Dicono cose che non riesco a capire.»

   Consigliato a coloro che credono a come la terra starebbe meglio senza la presenza della razza umana, e a chi rimpiange il suo equilibrio naturale ormai stravolto.

 

Pag. 43: «Ci sono occhi per vedere le bellezze dei campi. Orecchi per udire il suono del Mare. Un naso per assaporare i profumi dei fiori. Una bocca per parlare e gustare dei cibi. E poi ci sono i sensi nascosti, quelli più sottili e fini che non hanno un nome o che lo hanno perduto.»

 

 

Link acquisto: http://www.robinedizioni.it/nuovo/il-mondo-di-cristallo

 


 

 

Giusy Locatelli (Collettivo La Penna d'Oca)

 

 

 

mercoledì 28 agosto 2024

Margherita mix ... Intervista a Stefano Polenghi, La notte di Smirne

 

Margherita mix ... Intervista a Stefano Polenghi che ci parla del suo libro La notte di Smirne.

 

Ciao,

oggi siamo in  compagnia di Stefano

 

 

che chi parla del suo libro

 

MC -  Per cominciare ti va di raccontare qualcosa di te ai lettori?

Stefano – Buongiorno, e grazie per l’opportunità di condivisione! Sono un insegnante di greco, latino e filosofia, discipline che riflettono la mia passione per la letteratura e il pensiero umano, soprattutto nella loro espressione più antica e profonda. Vivo a Lodi, una città che, con la sua storia e il suo paesaggio, ha spesso ispirato la mia scrittura e il mio modo di vedere il mondo. Da sempre, sono affascinato dalle culture antiche, non solo quelle classiche come la greca e la romana, ma anche quelle più distanti, come quella persiana, che mi attraggono per la loro ricchezza e complessità.

 

MC – Perché Lodi ti ispira?

S – È una città che, nonostante le sue dimensioni contenute, custodisce un ricco patrimonio artistico e architettonico, che riflette il passaggio di epoche diverse. Camminare per le sue strade, mi riporta a una dimensione in cui il tempo sembra scorrere più lentamente, permettendomi di immergermi nella riflessione e nella scrittura, soprattutto percorrendo le zone che corteggiano il fiume Adda, dove il paesaggio naturale offre un contesto sereno e contemplativo, perfetto per trovare ispirazione nelle piccole cose.

 

MC – Cosa ti affascina delle culture antiche e quando è nata questa tua passione? (se ti va di parlarne nel mio ApericChiacchierata, sei il benvenuto. https://mariacristinabuoso.blogspot.com/ )

S – Questa passione è nata tra i banchi di scuola ed è cresciuta soprattutto attraverso i viaggi.

Fondamentalmente sono attratto da tutto ciò che è distante o diverso da me e dalla mia cultura, sia nello spazio che nel tempo, e rimango sempre affascinato quando scopro i rimandi comuni che si trovano tra le diverse culture.

 

MC -  Hai qualche passione o hobbies?

S – I miei principali interessi sono lo sport e la meditazione. Tuttavia, non considererei la meditazione un semplice hobby, quanto piuttosto un elemento essenziale nella mia vita, al pari della scrittura. Inoltre, nutro una grande passione per le lingue e, come dicevo, amo scoprire nuove culture attraverso i viaggi.

 

MC – Hai qualche sport che ti interessa maggiormente e che tipo di meditazione fai?

S – Per quanto riguarda lo sport, personalmente svolgo attività fisica in palestra o outdoor, mentre per la meditazione pratico sessioni di calibrazione mentale sul respiro o più sofisticate focalizzandole su oggetti mentali. In aggiunta pratico anche la Vipassana e tantrica.

 

MC – Hai qualche consiglio da dare per mantenere la concentrazione quando si medita? Io ho la testa che si perde nei pensieri L...

S – Capisco bene cosa intendi e posso dirti che un approccio efficace debba partire proprio dal non pretendere che la mente cessi di far proliferare pensieri, bensì considerare tutto ciò che emerge come oggetti osservati e senza identificarsi con essi, un po’ come quando si osserva un paesaggio naturale stando in disparte: potrà essere sereno o in tempesta , noi lo stiamo semplicemente osservando. Con la pazienza e la pratica costante, i risultati arrivano! Consiglio comunque di rivolgersi sempre ad un maestro serio di meditazione per approfondire e fare un percorso corretto e sicuro. (grazie)

 

MC – Cosa ti affascina delle lingue e quali parli?

S – A parte l’inglese, parlo greco antico e moderno e sto affidando l’arabo e soprattutto il persiano.

Ciò che mi affascina delle lingue è la loro capacità di riflettere l’anima di una cultura e di aprire porte verso nuovi mondi, osservando la realtà in modo diverso, con sfumature uniche che rispecchiano il modo in cui un popolo pensa, vive e si esprime. Imparare una nuova lingua significa non solo acquisire un nuovo strumento di comunicazione, ma anche entrare in sintonia con una diversa visione del mondo. Mi piace esplorare le connessioni tra parole e concetti, scoprire l’etimologia, e vedere come idee simili possano prendere forme tanto diverse a seconda della lingua in cui vengono espresse. Cionondimeno, le lingue alimentano il mio amore per la letteratura e la poesia, dove le sfumature linguistiche giocano un ruolo fondamentale nel trasmettere emozioni e significati profondi.

 

MC – Quando hai cominciato a scrivere e perché?

S – Essendo un insegnante di materie umanistiche, la passione per la letteratura, soprattutto quella poetica, è stata una compagna costante nel mio cammino, fin dai tempi del liceo e così iniziai a scrivere da quel momento. Ricordo con piacere le ‘’tenzoni’’ poetiche che organizzavamo con i miei compagni di classe, un primo assaggio di quel piacere creativo che oggi è diventato per me una vera e propria necessità. Scrivere mi offre un profondo senso di concretezza e mi permette di esplorare la realtà in modo più intenso. Inoltre, la meditazione è stata una pratica preziosa, che mi ha permesso di affinare l’ascolto interiore, fondamentale per vivere la poesia a un livello più profondo.

 

MC –Come unisci la meditazione alla poesia?

S – Entrambe sono attività di ascolto: la meditazione consente di farci uscire dall’assuefazione della nostra visione ordinaria, spesso tossica, stabilizzando la nostra mente rendendola più ferma per osservare le cose nella loro verità più profonda; da questo ascolto-osservazione, a contatto con le nostre dimensioni più vere, la parola non è più ordinaria, ma poetica, ossia creativa e libera, autentica e profonda. In sostanza, (mi) ascolto e (mi) scrivo! (Interessante punto di vista)

 

MC – Parlaci di questo libro, cosa ti ha spinto a scriverlo?

S – “La notte di Smirne” è un’opera che ha richiesto un lungo periodo di gestazione, nata dalla selezione di poesie scritte tra il 2020 e oggi. Ogni esperienza di vita, ogni emozione, è stata un’ occasione per trasformarsi in versi. Con il tempo, mi sono reso conto che queste poesie erano legate da un tema comune: un viaggio interiore che rifletteva e si intrecciava con la crisi contemporanea. Così è nata “La notte di Smirne”: un percorso iniziatico che conduce il lettore negli abissi e nelle crisi di un individuo anonimo, che attraverso la scoperta di sé e della propria dignità umana, svela l’oscurità e le contraddizioni del mondo che lo circonda. Questo viaggio culmina in una luce rigeneratrice, una speranza nascosta persino negli abissi del nostro tempo, pur segnato da molteplici crisi. L’opera vuole essere allo stesso tempo una profezia e un augurio per un futuro migliore, articolandosi in tre sezioni dove la contemplazione e il dialogo tra l’anima e il paesaggio circostante conducono gradualmente a un’epifania finale.

 

MC – Come può essere profezia e augurio?

S – Perché, da un lato, anticipa e riflette le crisi profonde del nostro tempo, portando alla luce le ombre e le contraddizioni della società contemporanea. In questo senso, è una sorta di profezia, poiché esplora e prefigura le sfide e i conflitti che l’umanità sta affrontando e dovrà affrontare, ma anche la prefigurazione della nascita di una figura nuova di umanità, che da questo travaglio naturalmente nascerà. Dall’altro lato, l’opera vuole essere anche un augurio, un messaggio di speranza. Attraverso il viaggio nei meandri dell’oscurità, l’opera suggerisce che è possibile trovare una via d’uscita, una luce rigeneratrice che possa guidarci verso un futuro migliore. In questo modo, "La notte di Smirne" non si limita a descrivere una realtà difficile, ma offre anche la visione di una possibile rinascita, augurando che l'umanità possa riscoprire la propria dignità e orientare il proprio destino in modo positivo.

 

MC – Perché hai scelto questo titolo?

S -  Il titolo della mia opera incarna il tema centrale della raccolta: il dualismo. Da un lato, troviamo il notturno, l’oscurità, che può essere interpretata come una metafora del nichilismo contemporaneo che pervade sia l’individuo sia la società. Dall’altro lato, c’è la città “solare” di Smirne (oggi Izmir, in Turchia), che simboleggia una sorta di essenza dorata, radicata nell’antichità classica e nel mito, e rappresenta una luce travolgente. Il fatto di connettere la notte a Smirne lega indissolubilmente oscurità e luce, rendendo l’una il riflesso dell’altra: solo attraversando la notte più profonda, sia interiore che esteriore, si può giungere a una luce chiara e salvifica. L’oscurità evocata dal titolo si riferisce anche al linguaggio ermetico di alcuni testi, un aspetto volutamente meta-letterario. Questo tipo di oscurità linguistica può infatti nascondere significati illuminanti, che possono essere svelati solo attraverso un ascolto profondo e meditativo.

 

MC – Ti va di condividere una poesia con noi?

S – Molto volentieri! La poesia si chiama “Tremore “ ed è presente nella prima sezione della raccolta:


Sfacelo delle foci indorate.

 

Il leccio, assorto nella più decisa

Scolorità del nostro esilio

Fiammeggia di sgelo.

 

Fioco dileguare dell’ora

Smemorata di festa.

 

Dammi sollievo dove stinge

Mascolina l’estate di gloria!

 

Mi affollo di campi, confitto.

 

Si screpola il giorno,

Mi stringe a sé

La sua trascorrenza eternante.

Assodato,

Legato alla stanga

Sono muto.

La vita mi si serra nel silenzio.

Domani è degno di fede

Nel mutamento,

Ammantato di tramontana.

 

L’amato nome onora il vero.     

 

MC – Grazie, molto bella.

 

 

MC – Per te scrivere poesie cosa vuol dire?

S –  Per me, scrivere poesie significa intraprendere un viaggio profondo dentro me stesso e al tempo stesso esplorare le complessità del mondo che mi circonda. La poesia è un mezzo attraverso il quale posso confrontarmi con le mie crisi interiori, riflettere sulle contraddizioni della società contemporanea e cercare un significato più profondo nell’esperienza umana. È un modo per dare voce a quelle emozioni e pensieri che spesso rimangono nascosti nella quotidianità, permettendomi di trasformarli in qualcosa di tangibile e condivisibile. Come ho cercato di rappresentare in “La notte di Smirne”, scrivere è un processo di scoperta e rinascita: attraverso la scrittura, posso immergermi negli abissi della mente e dell’anima, per poi emergere con una nuova luce, una nuova comprensione. In questo senso, la poesia diventa per me non solo un atto creativo, ma anche una forma di meditazione e di ricerca di equilibrio, un modo per attraversare il buio e trovare la speranza nascosta in esso.

 

MC – Perché hai suddiviso questo libro in tre sezioni?

S -   Ho articolato “La notte di Smirne” in tre sezioni per rappresentare le fasi distinte del viaggio interiore che il protagonista e il lettore percorrono. Ogni sezione simboleggia un diverso momento di questo percorso. La prima parte è un’immersione nell’oscurità, dove l’anima affronta le proprie crisi e conflitti interiori. La parte centrale, intitolata “L’Anfisbena”, rappresenta un limbo, una zona intermedia tra le altre due sezioni, dove l’io rischia di rimanere in una condizione di stasi senza via d’uscita. Come la creatura mitologica richiamata dal titolo, con due teste opposte, questa sezione funge da porta scorrevole tra la discesa iniziale e la possibile rinascita, mantenendo l’equilibrio tra il passato e il futuro. Infine, la terza sezione segna il superamento dell’oscurità e l’emergere di una luce rigeneratrice, portando a una nuova consapevolezza e serenità. La struttura in tre atti permette così di accompagnare il lettore lungo un percorso che va dalla caduta nella profondità dell’essere, attraverso una fase di sospensione e incertezza, fino al raggiungimento di un rinnovamento interiore.

 

MC –   Cosa ti piacerebbe che ti dicesse un lettore se ti incontrasse?

S –  Mi piacerebbe che mi dicesse che le mie parole hanno risuonato profondamente dentro di lui: sapere che i miei versi hanno accompagnato qualcuno nel suo viaggio interiore, offrendo luce o comprensione in un periodo di buio, sarebbe per me il più grande riconoscimento. In fondo, scrivo per creare un dialogo silenzioso con i lettori, e sentire che questo dialogo ha avuto un impatto reale sarebbe davvero significativo.

 

MC – Vuoi aggiungere qualcosa?

S – Riprendendo il discorso precedente, spero che le mie poesie possano offrire a chi le legge un momento di riflessione, un'opportunità di vedere le cose da una prospettiva nuova, o anche solo un attimo di bellezza in un mondo a volte caotico. Sono sempre aperto al dialogo con i lettori e apprezzo profondamente ogni occasione di confronto, perché credo che la letteratura sia, in fondo, un ponte che ci connette tutti.

MC – Spero che questa chiacchierata ti sia piaciuta.

S – È stato un piacere un per me, ringrazio molto te e lettori!

MC -  Grazie a te, ti aspetto per altre chiacchierate...

Buona lettura.