lunedì 2 dicembre 2024

Margherita MIX ... Intervista a Diana Daniela Gallese

 

Ciao,

oggi siamo in compagnia di Diana che ci parlerà del suo mondo di illustratrice.

 

 


 MC – Ti va di presentarti e di raccontarci qualcosa di te?  

Diana  Grazie per avermi donato un tuo spazio dove ho l'occasione di lasciarti qualche mia traccia. C’era una volta una bambina che non riusciva a smettere di disegnare... cose strane!”, ecco direi che questo incipit mi ben descrive! Mi chiamo Diana, Didì è il mio nome d'arte, un diminutivo piccolo e sonoro che unisce il mio nome “decisamente troppo lungo per stare sul dorso di un libro”, come disse il mio professore di illustrazione, il terzo anno alle belle Arti.  Il mio nome d'arte mi è stato donato una notte di molto tempo fa, da una conversazione a telefono con l'artista Albero Nemo, per cui nutro mprofonda stima. Didì risuona perfettamente con i miei due lati: la bambina e Strega.

Mi definisco una bambina in un corpo di donna, che non ha mai smesso di disegnare e dipingere e soprattutto di emoziarsi delle piccole cose. Sono cresciuta tra gli odori di pagine di libri, tra poesie decadenti e fiabe nere, con le mani sempre piene di colori e grafite, pervasa dal desiderio continuo di voler donare un segno al suono delle parole che leggevo. (questa bambina mi ricorda qualcuno... ;)  (Sono felice di avere delle affinità con te..)

Mi lascio fluire ed ispirare dalle fasi lunari, dal suono del vento, dal contatto con la natura, dall’energia che rilascia un momento appena trascorso che assimilo per poi liberarlo su carta, con pennelli e colori.

La mia testa è da sempre un mosaico di immagini, nel loro continuo vortice, a cui sento il bisogno di donare una quiete, un corpo di carta e colore.

 

MC –  Perché hai deciso di specializzarti in arte terapia?


D – L'amore per l'arte terapia nasce insieme al mio amore per l'arte visiva.


Ho un ricordo nitido di una me 18enne, alla fine del liceo artistico con molti sogni e speranze, piena di dubbi su quale corso delle Belle Arti intraprendere. E mentre cercavo spunti tra mille riviste artistiche, mi imbatto in una meravigliosa e macabra illustrazione di Ana Juan, la psicoillustratrice.  Ricordo di aver provato dei brividi alla vista dell'opera, una piccola sindrome di Stendhal. Da quel piccolo brivido ho capito che volevo creare illustrazioni si, ma legate alle emozioni. Da qui la scelta di intraprendere prima il trienno in illustrazione editoriale presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata, per poi specializzarmi in arte terapia presspo L'Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi sul “Femminile nella fiaba. L'albo illustrato in Arte Terapia”.

(hai ragione...inquieta un  po’)

MC –  So che ti piace il potere esoterico del nero, i boschi oscuri e le storie orrifiche. Come nasce questa tua passione e perché il colore nero ti attrae?

D – Il nero ha per me un potere catartico, è la somma di tutti i colori che non ha bisogno di nessun altro colore per esprimersi. E' forte e deciso, e sta bene con tutti. Il nero mi ha scelta, e l'ho scoperto sperimentando tutte le tecniche pittoriche, dalle più semplici alle più complesse, per tornare alla più antica e misterica: il carboncino, il legno bruciato.

Sono nata nell'antico bosco Marso, in abruzzo, in una terra anticamente devota alla Dea Angizia, a cui mi sento particolarmente legata. Sin da bambina mi affascinavano le storie di streghe e fantasmi, ed Halloween è sempre stata la mia festa preferita.

Quando sono nervosa o giù di morale, solo il bosco sa guarirmi. Torno al nero lasciandoti una citazione del maestro Odilon Redon: Bisogna rispettare il nero. Nulla può corromperlo. Non piace agli occhi e non risveglia alcuna sensualità. E’ un agente dello spirito molto più che il più bel colore della tavolozza o del prisma.”

MC –  Ti va di parlarci anche dei boschi oscuri e delle storie orrifiche? Ne hai qualcuna che ti piace più di altre?

D – Il bosco è la mia casa spirituale. Oscuro perché lo amo particolarmente di notte, quando la luna lo illumina ed esso cela tanti piccoli segreti celati agli sguardi umani. Sono appassionata di storie del folklore e amo particolarmente leggerne di nuove, o ascoltarle.

Quel che più amo però, è quando una storia si incastra perfettamente con me, mi ispira ed iniziano a formicolare molte che immagini, a cui non posso resistere: prendo la matita e inizio a schizzarle. (ammetto che mi hai incuriosita e sarei proprio curiosa di sapere che cosa ti ispirano i miei libri. Li leggerò volentieri molto presto!)

Amo particolarmente le storie orrorifiche di Edgar Allan Poe, perché lega la paura al mistero, ma leggo anche molte poesie, che nutrono il mio animo romantico.

I due William, Blake e Yeats sono i miei preferiti.

MC –  Il tuo primo libro illustrato ha come soggetto La Leggenda di Sleepy Hollow, cosa ti ha spinto a scegliere questa storia? Premetto che il film di Tim Burton del 1999 mi era piaciuto tantissimo.




D - “Era una terra di piaceri intorpiditi, di sogni ondeggianti dinanzi agli occhi semichiusi..” W. Irving

L'atmosfera onirica prima di tutto, e tutte le leggende che Washington Irving cita al suo interno. La valle dormiente è un luogo dove gli spiriti dei morti sono vivi e gli uomini dormono e vagano nella valle ascoltando l'eco di strane energie. Ho voluto interpretare il racconto come una fiaba gotica, dando forma ad ogni archetipo e dando vita ad ogni personaggio, soffermandomi e facendo molte ricerche per ogni piccolo dettaglio. E poi, ho illustrato il bosco della valle come i miei amati boschi, studiando il significato e la lingua di ogni albero: il tasso per la copertina, il salice per le streghe...

MC –  Quando un autore ti chiede di fare delle illustrazioni al proprio libro cosa ti spinge ad accettare e come ti avvicini alla storia per fare le illustrazioni?

D – Le parole, la storia deve risuonare con me. I brividi di cui ho parlato sopra sono una buona guida. Se li sento, vuol dire che le parole mi emozionano e allora sono in sintonia con lo scrittore per creare insieme qualcosa di bello. A volte sono stata io a chiedere una collaborazione, grazie a quei brividini sulla pelle. L'arte dell'illustrazione non aggiunge nulla ad una storia, semmai narra un contenuto altro della storia. Questo è importante ricordarlo, quando si inizia una narrazione per immagini.

MC – Vuoi parlarci dei vari libri ai quali ai partecipato?

D  – Sono entrata nel mondo editoriale in punta di piedi, cercando una casa per il mio primo figlio di carta “La Leggenda di Sleepy Hollow”.  Officina Milena ha accolto tutto il mio mondo e la mia personalità e in poco tempo sono nate molte altre collaborazioni. Per Officina Milena ho illustrato varie copertine come “Ritorno a Blue River” di Grazia Caputo  e “Senza Velo” di Virginia Saccalupi. E poi sono nati i romanzi illustrati per ragazzi, di genere fantastico come “Qualcosa respira nel ripostiglio”, una serie di racconti ispirati ai Piccoli Brividi, e “Il Mistero di Pianodoro” di Mariagrazia Giuliani. Ho collaborato anche con la ABEditore, illustrando un saggio sulla fisiognomica: “SHERLOCK HOLMES Un' Indagine Fisiognomica”. E ancora, ho illustrato un libricino meravigliosamente gotico “La Biblioteca di Lovecraft volume 2”, con i racconti di Machen, Cram, Crawford, ed Everett con Edizioni Arcoiris. Con Arcana invece, ho dato vita al “Nemusico, L'Incanto Essenziale” di Alberto Nemo, artista rodigino. E in ultimo, la novità del momento, ho illustrato i racconti nietzschiani di Vincenzo Barone Lumaga “Ippocorno e altri racconti” editi da Agenzia Pensiero Creativo, con cui ho molte novità che bollono nel calderone.

MC – Tra questi quale ti ha più coinvolta nella realizzazione delle illustrazioni e perché?

D  – In tutti c'è una parte di me. Dono loro una forma visiva, e lascio nelle illustrazioni qualcosa di me. La Leggenda di Sleepy Hollow resta la mia opera chiave, tutto il mio cuore oscuro è racchiuso al suo interno. In fondo il primo amore non si scorda mai...

MC – Se invece dovessi scegliere tu un libro da illustrare quale sarebbe e perché?

D – Mi piacerebbe cimentarmi nell'illustrare delle poesie, per creare un linguaggio univoco. E poi sicuramente Carmilla di Le Fanu, e non escludo di lavorarci molto presto...

MC –  Mi hai fatto venire in mente una domanda... ma in pratica,  chi paga l’illustratrice? Come funziona nella pratica, magari alcuni autori se lo chiedono, io di sicuro. Spero di non essere troppo invadente nel farti questa domanda.

D – La trova una buona e giusta domanda! Ogni casa editrice in cui entri ha le sue regole! Generalmente c'è un contratto di diritti, le tanto famose royalties, che hanno le stesse regole dei diritti d'autore sulla scrittura, e vengono regolate da un contratto tra l'illustratore e la CE. A volte invece vengono acquistati i diritti di riproduzione delle immagini, senza limiti di vendita, e vengono concordati tramite un prezzo forfet tra le due parti.  Entrambe hanno PRO E CONTRO. Il mio consiglio è quello di valutarlo sempre con calma.

Se invece un autore entra nel mercato editoriale attraverso il self-publishing allora è lui ad acquistare e pagare i diritti di usufruire del potere delle illustrazioni.

MC – So che collabori anche con riviste nazionali e internazionali,  ti va di parlarci di questa tua esperienza e di come è nata?

D – La Nuova Carne è stata la prima rivista con cui ho collaborato. Sono entrata per sbaglio, nel gruppo facebook invitata da Vincenzo Barone Lumaga. Per loro ho creato varie illustrazioni gotiche e sono nate anche delle belle amicizie.  L'idea di illustrare per delle riviste letterarie la devo ad Antonio Amodio, scrittore di molti generi e caro amico. Le mie illustrazioni lo hanno accompagnato da La Nuova Carne a Bomarscè. Il resto è stato un incastro spontaneo di illustrazioni e interviste con Il Mondo o Niente, Risme, L'Indiscreto, 9 righe ecc. In questo mondo ho trovato molte voci interessanti con cui sto intessendo delle collaborazioni artistiche. (A volte non sai dove puoi incontrare persone interessanti. Concordo pienamente!)

La rivista a cui più ho donato qualcosa di me è Risme, per cui ho illustrato un intero numero.

https://506c881a-a5fc-4b79-925b-e60b08bf27fe.filesusr.com/ugd/e1f9c4_10888540f32f42cca09b565376a9acf1.pdf

 

MC –  Quale differenze ci sono tra illustrare un  libro e quelle che si fanno in una rivista?

D –  Entrambe hanno delle regole tecniche che bisogna rispettare. Per le illustrazioni editoriali bisogna ricordare: il bleed (almeno 5 mm di bordo per il ritaglio di stampa), lavorare in CMYK, e pensare sempre alla posizione rispetto al testo. Nelle illustrazioni per le riviste invece si è più liberi e spontanei, basta rispettare il format e lo spazio di destinazione e ovviamente lavorare in RGB. Il coinvolgimento emotivo dipende sempre da quanto mi emoziona la storia. (nel mio ultimo libro, Vorrei dirti, la protagonista illustra libri per bambini SONO CURIOSISSIMA E NON  VEDO L'ORA DI LEGGERE!)

MC – Cosa avresti voluto che ti chiedessi?

D – Una tua riflessione e una domanda che ti viene in mente guardando una delle mie illustrazioni...

MC -  Ho guardato il libro che hai messo qui e... la prima cosa che ho notato che usi molto il nero e il rosso lo segue a ruota... quando disegni,  quanto sono importati per te i colori? Sei tu che decidi quali usare o sono loro a imporsi?

D – E' un dialogo diretto. A volte li visualizzo mentre schizzo, si stagliano chiari dal primo segno su carta. Altre volte invece, ho bisogno di più tempo per decidere quale effettivamente è quello giusto. La cromatica ha le sue leggi e veicola molti significati!

MC – Parlare con te è stato molto piacevole per cui... se ti va di partecipare a qualche altra mia rubrica...come Apericchiacchierata... fatti avanti.

D - Grazie di Cuore, è stata una delle più belle interviste che ho ricevuto! - Didì Gallese

Alla prossima.

Mc

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