... e chiudiamo con i ricordi di Roberto.
Buona lettura...
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3 Ricordi legati a 3 piatti e al Natale...
Beh, che dire? Infanzia, adolescenza e oggi. Forse il ricordo più facile è quello attuale, considerata anche la mia vetusta età. Ci provo, ma mentre per l’oggi potrò fornire delle foto mie, per il passato sarà dura.
Iniziamo e buon appetito.
Infanzia
La mia infanzia è stata decisamente particolare, particolare in quanto la mia è una familgia mista. Mi spiego. Nasco e subito dopo ci trasferiamo in quel di Medolla, un paesino poco prima di Mirandola. Mio padre è stato nominato come il secondo medico della mutua. Qui ricordi di infanzia, a parte la spensieratezza della fanciullezza ne ho ben pochi, riguardo il cibo. E tutto perché a casa non mangiavo. Mi nutrivo di solo latte, in tutte le sue forme, ma sempre latte: polvere, condensato, pastorizzato, appena munto. Si campa benissimo, ve lo garantisco. E mi piace ancora oggi, anche se devo limitarmi con quello zuccherato. Gli unici momenti in cui mi riempivo la pancia di cibi diversi era quando venivo mandato dalla zia Amneris, che viveva in un paesino vicino. Non so come, ma da lei mangiavo, soprattutto le sue crostate. E dire che mia madre era un’eccellente cuoca, Chissà perché, vattela a pesca.
Poi dopo sei anni rientriamo in città, Modena, mio padre ottiene il trasferimento. E qui la fola cambia, ho sei anni, ho fatto la prima elementare da privatista e mi hanno iscritto subito in seconda. Nella nostra grande casa, appartamento di una volta a un quarto piano senza ascensore e in pieno centro, di fronte al duomo, mica male. Nelle camere enormi io e mio fratellino giochiamo anche a calcio, dalle finestre enormi mi godo la Ghirlandina, se allungo una mano mi sembra di poterla afferrare. Cambia in questo periodo il mio rapporto con il cibo. Mia madre attende la mia sorellina e in cucina imperversa la nonna. La cucina della nonna e della mamma sono folgoranti… abbiamo prelibatezze da ogni dove. La mamma parmense esperta di cacciagione, la nonna romana esperta di ragù modenese. In tutto questo mischiume ha una buona parte la cucina ebraica. Mio nonno era ebreo, mio padre ha entrambi i battesimi; nonna più mamma e più noi siamo tutti cattolici. La religione si trasmette dalla madre.
Quindi anche se si mangia tradizionale, non mancano i piatti della tradizione ebraica. Ce ne è uno che ricordo con piacere, lo si mangiava poco durante l’anno, ma soprattutto nel periodo pasquale di Pesach, da tradizione, e in quello natalizio spopolava. Sì va bene, i soliti tortellini, cotechino, zampone, cappello da prete, purè, fagioloni e lenticchie, ma questo, quando veniva preparato, era una vera leccornia.
Una precisazione: la cucina ebraica ha i suoi dogmi, ma ogni famiglia ha le sue ricette adattate nel tempo ai gusti dei commensali. Questo piatto dolce, che noi chiamavamo Mazzacicca.
Si tratta di una cosa particolare, che mischia il dolce con il salato. La ricetta precisa della nonna non ce l’ho, vado molto a sentimento e ricordo.
Originariamente dovrebbe essere la Matzah Brei, Matzah è il pane azzimo.
È un piatto originario della cucina ebraica aschenazita a base di matzah fritto e uova. Esistono moltissime ricette per realizzare questa specialità della cucina ebraica.
Generalmente il matzah secco viene spezzato in più parti da ammorbidire con dell'acqua o del latte. Successivamente, i pezzi di matzah bagnati vengono uniti con delle uova e fritti. Si può conferire al piatto la forma di un tortino, rendendolo simile ad una frittata, o sminuzzare il composto e cucinarlo come delle uova strapazzate. Il piatto si può realizzare sia in una variante salata che dolce e può essere gustato, come fosse un'omelette, con altri alimenti. Inoltre, può essere condito con delle salse, quali salsa di mele, salsa o confettura di frutta.
È ulteriormente possibile gustarlo addolcito con zucchero, sciroppo o gelatina.
A casa mia veniva preparato come frittata, veniva portata in tavola bella rotonda, la superficie veniva coperta di zucchero poi tagliata a spicchi ancora fumante. Il buono al palato era il contrasto tra il dolce dello zucchero, il saltino delle uova fritte e la morbida consistenza del pane azzimo dire ammollato nel latte.
Si ritiene opportuno ricordare che, in conformità con le norme dietetiche ebraiche, qualora il matzah brei venga preparato con qualsiasi prodotto lattiero-caseario (ad esempio il burro), esso non debba essere mangiato con della carne, né debba contenere o venire consumato con dei latticini se cucinato con lo schmaltz, grasso di pollo o di oca chiarificato.
Mia madre usava il burro chiarificato.
Il pane azzimo è un pane particolare, preparato con farina di cereali e acqua senza tuttavia aver subito il processo di fermentazione e senza aggiunta di lievito, che ha una sua storia: di solito gli ebrei ne fanno un gran uso durante Pesach, la Pasqua Ebraica, che ricorda la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Quando gli ebrei furono liberati, non ebbero il tempo di far lievitare il pane, in ricordo di questo durante gli otto giorni di festa, è vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato e al suo posto si mangia il pane azzimo, la matzà.
Oggi come oggi lo si può trovare nei supermercati e consumarlo quando si vuole. Quello di allora non era di uso comune in tutte le famiglie, ovviamente, non c’era la moda del dimagrire a tutti i costi. Ricordo che per averlo si doveva chiamare l’ufficio del rabbino e ordinarlo alla segretaria. Ovviamente si poteva avere tutto l’anno, ma quando arrivava a casa sembrava un evento.
La cosa che ricordo era che quello della mia infanzia erano sfogliate di buon spessore, poi sono diventate rotonde e infine fettine sottili. La mazzacicca forse oggi come oggi non darebbe gli stessi risultati, ma allora il bello era ritrovarsi in bocca un boccone più grosso e più sodo del normale.
Adolescenza
Questo periodo l’ho vissuto in un’altra zona della città. Abbiamo abbandonato il centro storico e ci siamo spostati appena fuori. Quella che non abbiamo abbandonato è stata la cucina ebraica. Direte che sono un po’ fissato, ma non è vero. La cucina nostrana vale per tutti i giorni, è un mangiare d’uso e non si fa caso troppo a quello che c’è. La cucina ebraica è diversa, i sapori sono diversi, i condimenti sono come i nostri solo abbinati diversamente.
Mi raccontava il nonno che durante la guerra non c’era molto da mangiare. Lui era più fortunato di altri, si era sposato con una donna cattolica, ma il marchio restava, anche nel gusto. Poi c’erano le tradizioni religiose, tipo nella Torah è citato più di una volta “non cuocerai il capretto nel latte di sua madre”. E mio nonno era ligio a questa cosa. Se c’era il brodo di carne non metteva il formaggio, al limite il limone. Mi ha spiegato anche la faccenda del limone, che a casa mia ha sempre avuto un ruolo imponente. Durante la guerra, sempre sta guerra, il formaggio costava caro e il limone no, quindi, considerata la leggendaria avarizia ebraica, l’agrume si metteva ovunque… soprattutto nei brodi, e anche al posto dell’olio, caro anch’esso. In effetti molte preparazioni non si facevano soffritti in olio, bensì basi in acqua.
E allora ecco che arriviamo alla portata di cui voglio
parlarvi. C’era un piatto, che ha mille nomi a seconda della famiglia e della
nazione dove viene preparato e a seconda degli ingredienti che vengono usati.
La mangiavamo spesso perché ci faceva impazzire, ma il nonno in persona la cucinava
a Natale e la mangiavamo alla sera del 25 dicembre.
A casa mia si fa tutt’ora, ma nel mio periodo adolescenziale spopolava, anche
tra gli amici. Era una minestra in brodo che si poteva consumare tutto l’anno,
bastava adattarla alle temperature esterne: d’estate il brodo era freddo e
d’inverno tiepido. Ha un nome preciso, ma quella che si prepara a casa mia è
una versione modenese, qui da noi c’era una grossa comunità.
Bagna Brusca, ovviamente nessuna immagine, potrei provvedere cucinandola, ma
vedremo.
Questo è uno strano piatto, tipico della tradizione ebraica modenese, che però, come ho detto, cambia per ogni famiglia, cioè veniva adattato ai gusti delle famiglie che lo facevano, quindi non si trovano ricette uguali, ma simili. A casa mia è stata fatta qualche volta la versione originale con le acciughe, ma non ha riscontrato pareri favorevoli; noi, che la facciamo ancora oggi, preferiamo un'altra versione, la Zuccabrusca: dove sostituiamo le acciughe con le zucchine.
Le quantità degli ingredienti sono ad occhio, quindi vedete voi, in base alla vostra esperienza culinaria. Ricordatevi che questa deve risultare una minestra in brodo fredda per pasta fredda.
La pasta va preparata a parte.
In teoria dovrebbe essere preparata il venerdì per il sabato (giornata dove non si può fare quasi niente), ma si può preparare anche la mattina presto per mangiarla a mezzogiorno.
Ingredienti:
aglio cipolla carota sedano prezzemolo sale pepe olio qb, due zucchine scure per ogni commensale, salsa di pomodoro, dado, pasta, un limone a commensale.
Sbrodaglia:
· Soffriggete un trito di aglio, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, sale, pepe nell'olio.
· Dopo aver rosolato il tutto si aggiungono le zucchine tagliate come vi pare (nell'originale si mettono le acciughe lavate, quelle nel vasetto sottolio, devono sciogliersi), si fanno rosolare e quasi friggere, devono risulatare trifolate e strinate.
· Quando sono pronte unite la salsa di pomodoro, quanto piace a voi, più o meno carico; si può usare anche il doppio concentrato.
· Cuocete un quarto d'ora, aggiungete alla fine acqua (deve risultare una minestra in brodo) e del dado.
· Portate a bollore e cuocete una decina di minuti minuti.
· Mettete da parte a far raffreddare.
· Spremete i limoni e raccogliete il succo, tenetelo da parte.
La pasta:
· Cuocete la pasta che preferite.
· Nel frattempo soffriggete un po' d'aglio con dell'olio in un'altra padella.
· Scolate la pasta un po' al dente, raffreddatela sotto l'acqua corrente, stendetela su un piatto da portata largo e ungetela bene col soffrittino preparato prima; amalgamate bene, coprite con un canovaccio e lasciate riposare fino all'ora di mangiare.
Bagna Brusca:
· All'ora del desinare portate in tavola la sbrodaglia, il piatto di pasta e il succo di limone.
· Ognuno prenderà la quantità di pasta che vorrà, vi verserà sopra uno o due mestoli di sbrodaglia a seconda del proprio gusto e poi l'allungherà con succo di limone.
Giorno d’oggi
Questa forse la fase più difficile. Essendo un discreto cuoco ho la tendenza a fare sempre cose diverse. A Natale qua da noi è tradizione i tortellini in brodo, zampone e cotechino, fagioloni all’uccelletto e lenticchie con purè. Io e mia moglie, essendo perennemente a dieta, durante queste feste cerchiamo di non strafare. Si prepara un menù duttile, deve valere per la vigilia, Natale e Santo Stefano. Quindi fermo restando i tortellini del 25 e cotechino con ammennicoli per il 26, prepariamo di solito tramezzini e stuzzichini che durino per le tre sere.
Ma c’è una portata che mi trascino dietro fin da prima del matrimonio: Torta salata ricotta e lenticchie.
Volendo potete andare a guardarvi la ricetta passo passo sul mio blog di cucina: https://atavolacongrog.blogspot.com/2021/01/torta-salata-ricotta-e-lenticchie.html
· 3 uova, pasta sfoglia rotonda, una ricottina, Philadelphia 100gr oppure Robiola 100gr, 50gr di burro, parmigiano reggiano grattugiato a occhio, una cipolla, due scatolette di lenticchie
· Sciogliere il burro in una casseruola assieme a un dito d'olio
· Appena il burro è sciolto e prima che sfrigoli immettere una cipolla tritata; salare e pepare
· A fuoco vivace farla appassire
· Appena imbiondita aggiungere le lenticchie
· Mescolare e a fuoco medio-basso far cuocere una ventina di minuti; tornare a salare e pepare
· Passato il tempo versare il contenuto in una ciottola; chiuderla con pellicola trasparente e lasciare raffreddare il tempo necessario
· Passato il tempo di raffreddamento aggiungere ricotta e formaggio da spalmare, mescolare
· Aggiungere una bella grattata di formaggio e mescolare
· Immettere le uova intere e mescolare
· Infine aggiungere prezzemolo tritato e mescolare
· Preparare lo stampo con la sfoglia; mi raccomando mantenere la carta forno
· Versare il contenuto, ripiegare la sfoglia in modo da evitare la fuoriuscita del composto; ancora formaggio grattugiato; ritagliare la carta in eccesso
· Inserire lo stampo nel forno già caldo; cuocere 50 minuti a 180° statico + 5 minuti a 180° grill ventilato
· Passato il tempo estrarre da forno e farla raffreddare
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