Ciao,
con questo volume l'autrice conclude la breve saga.
Buona lettura :)
https://mariacristinabuoso.blogspot.com/2022/02/segnalazione-la-rosa-e-il-pettirosso-di.html
Titolo: Come Cenere.
Autore: Arianna Colomba
Editore: Self Publishing
Collana: Il Bacio delle Tenebre
Volume: 2 (autoconclusivo e leggibile anche per chi si approccia alla saga)
Pagine: 373
Trama:
“Niente dura per sempre, tranne il dolore.”
Di questo è convinta Chiara quando parte alla volta di Londra. Sogna una rinascita, un cambiamento, quella vita da ragazza normale che il passato le ha negato.
Ma c’è una vecchia maledizione a pendere sulla sua testa, un gioco crudele del destino che avvolge un circolo di anime destinate a intrecciarsi tra loro. Come quella di Nikolas Studeny, un vampiro che ha conosciuto il suo declino nella metropoli inglese e che adesso vive nel tormento del passato. Oppure quelle di Lachlan e Aileen, altri due immortali impegnati alla ricerca di una leggenda dimenticata nel gelo dei fiordi norvegesi.
Cos’hanno tra loro in comune? Quale mistero li lega?
Sarà forse il suono di un antico carillon e il risveglio di quelle ombre troppo simili alle Tenebre che Nikolas ricorda?
Un Paranormal Romance dai toni forti che vi condurrà “Come Cenere” dall’Inghilterra all’Italia, passando dalle lande gelate della Norvegia, attraverso amore, passione e predestinazione.
Estratto:
«Tu mangi?»
[…]
«Meno di quanto dovrei» sibilo. Dio, come vorrei affondare nella sua carotide, bagnarmi col suo sangue e godere dei suoi gemiti. «Perché?»
«Ne parlavi al telefono. Hai detto qualcosa riguardo allo strozzarsi col cibo, no?» Lei domanda e io annuisco. «Pensavo che i vampiri si nutrissero solo di sangue.» […] «Mi sbagliavo?» incalza la domanda, obbligandomi a risponderle.
«Siamo davvero arrivati a quel punto?» Percepisco da solo il disgusto con cui ho pronunciato ogni parola.
«Eh?» Mi guarda stranita, corrugando le sopracciglia sporche di terra. Una piccola linea sottile le si forma proprio nel centro della fronte, là dove il sangue di Besnik non ha aderito alla pelle. «Mica ti ho chiesto di amarmi per l’eternità. Che cazzo di punto vuoi che sia? Quello in cui tentiamo una conversazione civile? Perché mi sa che è già andato a farsi fottere.»
Più si altera, più le brillano gli occhi e il cuore le batte forte. Pulsa a ritmi regolari, apportandole sangue dritto alle zone periferiche così da scaldarle le guance di un succulento rossore. «Calma, bambina, non è la serata adatta per fare i capricci.» Ma lei alza gli occhi al cielo dandomi modo di pensare a quanto sarebbe bello strapparglieli via. «E comunque sì, ci nutriamo di sangue ma possiamo ingerire ogni cosa. Meglio, come risposta?»
«Vaga» ribatte.
Non so se Chiara sia masochista, o se questa sia solo una prova per la mia poco rinomata pazienza. «Vedi, mia cara, la verità è che traiamo nutrimento solo dal sangue umano. E non dare ascolto a quelle stupide favolette che dicono che ne bastano poche gocce. Magari sono vere, ma la realtà è differente: a noi piace uccidere. Perché non c’è niente di più bello del potere derivato dall’attimo in cui un’anima fluisce nel nostro corpo, del momento in cui un cuore che si spegne a poco a poco, esalando l’ultimo battito dritto sulle nostre labbra.» Finalmente, sussulta. «Anche perché noi rubiamo la vita. Vedi, come da tradizione letteraria, siamo morti. Eppure, quando ci nutriamo torniamo a vivere, anche se per poco tempo. Questo significa che possiamo riassaporare il cibo, le bevande, il respiro, il battito del cuore, il dolore, la vulnerabilità umana e, non ultimo, il piacere carnale.» Ondeggio la mano in aria, dando a intendere che il discorso dovrebbe continuare ma che, per mancanza di voglia del sottoscritto, finirà in questa maniera.
«E ogni quanto dovreste nutrirvi?»
Oh, la bambina s’informa. Ha ragione. «Mi stai chiedendo se sei in pericolo?»
Esita per qualche istante, poi annuisce. «Sì.»
«Ho ancora un po’ di autocontrollo, ti basti di sapere questo.»
«Perché non esci, allora?»
«Mi stai incitando all’omicidio?»
È divertente chiederlo, soprattutto perché la sua faccia si rabbuia all’improvviso. Di solito, l’ipocrisia umana impedisce di rispondere affermativamente: nessuno vuole passare da mostro, tantomeno mettendo un proprio simile, anche se sconosciuto, in pericolo. Pensano tutti che negare l’evidenza sia un espediente ottimo per vivere con la coscienza pulita. Come se bastasse un diniego per fermare la mattanza a cui siamo condannati.
«Sì» risponde di getto.
È come un colpo al petto a cui non ero preparato. Ha ammesso uno dei peccati più infimi a cui potesse condannarsi.
«Sei piena di sorprese, bambina, lo sai?»
«Chiara» mi corregge.
«Beh, se il tuo unico pensiero è rivolto a come ti chiamo, direi che sei ancora più interessante di quanto mi aspettassi.»
So di sorridere, lo vedo riflesso nei suoi occhi, così impassibili e immobili. Adesso che lo sporco le scurisce la pelle, rilucono come due piccole gemme.
«Non hai ancora risposto alla mia domanda: perché non vai fuori?»
«Perché rischieresti di trovarti sola nel caso in cui gli amichetti di […] venissero a farci visita. Ecco perché.»
[…]
«Capisco.» […]
Abbassa lo sguardo. Ha i capelli raccolti in una coda, forse per non darmi a vedere che non li lava da troppo tempo.
«Hai bisogno di una doccia.»
Penso a voce alta e lei s'immobilizza ancora di più. L'imbarazzo la cattura e il sangue inizia a pulsarle più veloce nelle vene.
Dio, come mi eccita il suo odore. No, non quello della pelle sudata, sia chiaro; parlo della vita, della fragilità, del fatto che mi basterebbe sfiorarla per spezzarla e divorarla. Chissà che storie ha da raccontarmi, quali sensazioni potrebbe donarmi.
«Io... mi dispiace.» balbetta.
Se non fosse che sono a secco di provviste, giurerei che potrebbe venirmi duro in un solo secondo.
«La colpa è mia» ammetto con uno sbuffo. L’ho portata qua e gettata su un vecchio materasso senza neanche pensare ai suoi bisogni primari. «Vieni, ti faccio vedere dov'è il bagno. Ci penso io a tenere d'occhio la situazione.»
«E se gli amichetti di […] venissero nel mentre?
«Beh, in quel caso, potranno godere del bello spettacolo delle tue chiappe, mia cara.»
L'idea mi fa ridere, al contrario di lei che si alza stizzita, e almeno basta a distrarmi dalla voglia immane di dirle che sotto quella doccia vorrei finirci anch'io.
Sai com'è, potrebbe fraintendere. Anche perché, più la guardo, più la voglia di ucciderla mi avviluppa le viscere.
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