Mamma Michiko: una donna straordinaria
Ciao a tutti,
oggi vi parlerò di una donna straordinaria che ho conosciuto attraverso una testimonianza sofferta e commovente che lei stessa ha riportato in un libro verità. Michiko Furukawa: una moglie, una madre, per molti una sorella, una “guerriera” che discretamente e con delicatezza ha sostenuto il marito e i suoi ideali in una causa sociale e umanitaria in difesa dei più deboli e durata oltre sessant’anni.
“La mamma girasole che ancora sboccia nei nostri cuori”: così l’ha definita la figlia dopo la sua morte avvenuta in età avanzata.
La triste dipartita di questa grande donna non ha impedito ai posteri di perpetuare la sua ardua battaglia, anzi Michiko è un seme di giustizia che ancora oggi germoglia negli animi di molte persone che la ricordano con affetto e che da lei traggono stimolo e incoraggiamento.
Il girasole: free image by Pixabay
Colei destinata a divenire una moglie e mamma- coraggio nasce nei primi anni del Novecento, in un’epoca in cui il Giappone era ancora un Paese dalla mentalità feudale che non riconosceva diritti alle donne. Michiko è una privilegiata: figlia di un grossista di riso, cresce in una famiglia agiata, circondata dall’affetto dei nonni. Come poche ragazze del suo tempo ha la possibilità di studiare, di diplomarsi al liceo e di proseguire con l’Università, anche se spinta dai familiari a scegliere il corso di economia domestica per prepararsi a essere una brava moglie in previsione di un buon matrimonio. Presto convolerà a nozze con il nipote di un visconte discendente dell’antica nobiltà imperiale di Kyoto. Un matrimonio dagli ottimi presupposti, se non fosse per la guerra che incombe spietata segnando la vita di molte famiglie contrarie al conflitto.
Il marito che parte per il fronte… Il lavoro alla Manciuria Railway… Michiko sola con le due figlie piccole… I pianti e la paura… E poi la sconfitta bellica, il rimpatrio dei cittadini giapponesi, la nave piena di deportati che attracca al porto, le immagini di bambini malnutriti e infreddoliti, l’estrema povertà e un Paese completamente in ginocchio…
Molte sono le somiglianze con la storia del signor Toshimi Motoyama, compianto marito della scrittrice e poetessa Satoko Motoyama, e anche con l’esperienza di vita dell’amica, la vedova Sachiko, proprietaria di un ristorantino specializzato in vongole e personaggio che dà il nome al libro da me tradotto e pubblicato con Fiori D’Asia Editrice.
Le vongole dipinte di Sachiko: foto di Satoko Motoyama
Come in “La felicità secondo Sachiko”, anche nel libro di Michiko Furukawa “Non posso togliermi i sandali di paglia”, tradotto e curato dal Professor Rosario Manisera Presidente dell’Associazione Culturale Italo Giapponese Fuji di Brescia (Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori), la protagonista e voce narrante affronta la vedovanza rimboccandosi le maniche e mantenendo la prole.
Sachiko e Michiko, seppur con missioni e destini differenti, sono entrambe caratterizzate da una forza d’animo e da una dolcezza ammirevoli ma, mentre Sachiko rimarrà per sempre sola ad affrontare le vicissitudini e gli stenti, a Michiko il destino riserverà un’ulteriore occasione, quella di incontrare il suo secondo marito, Tairyū Furukawa, un monaco buddista gentile e determinato, caritatevole e propenso ad aiutare il prossimo.
Non è una semplice storia d’amore ma l’incontro di due anime.
Lui è cappellano in un carcere. Prende a cuore la situazione di due prigionieri ingiustamente condannati a morte e che fino all’ultimo si dichiareranno innocenti. Chiede totale sostegno alla moglie che lo affiancherà in una lotta sfinente contro i muri insormontabili del sistema giudiziario giapponese. Michiko, ricordando la sua giovinezza e la frase di una docente universitaria di religione cristiana che un giorno le disse “Sii sale per la terra”, accetta di aiutarlo incondizionatamente accantonando i propri desideri e necessità, sacrificando le esigenze della famiglia e andando incontro ad anni difficoltosi.
Durante la lettura del loro trascorso di coppia viene spontaneo chiedersi come una moglie possa affrontare un percorso così tortuoso, ostacolato e in salita senza mai lamentarsi, resistendo a denti stretti con spirito compassionevole e di rinuncia. Ci si domanda quale donna desidererebbe trascorrere la luna di miele in un lebbrosario, accetterebbe di nutrire i figli con scarti di pesce, vivrebbe in condizioni precarie in un’umile locanda e, nonostante tutto, accoglierebbe con sé gente di ogni genere (senzatetto, hippy, giovani scappati da casa, studenti e monaci), solo in nome della giustizia e di un progetto che a molti sembrerebbe assurdo e irrealizzabile.
Fino alla sua dipartita nulla la sconforta: povertà, problemi, creditori, debiti, pericoli, lotte, appelli disperati e campagne per i diritti umani e civili.
Lei e il marito, appoggiandosi a vicenda, diverranno la goccia che, insistendo e continuando a cadere, nel suo piccolo sarà in grado di scalfire la roccia e farà la differenza. Gli appelli diverranno internazionali e seguiranno incontri che hanno segnato la storia dell’umanità e del dialogo interreligioso, soprattutto quelli con Papa Giovanni Paolo II e con Madre Teresa di Calcutta. E poi l’amicizia con una suora dal cuore grande: Sister Helen Prejean, autrice di “Dead Man Walking”, da cui hanno tratto l’omonimo film interpretato da Susan Sarandon.
Tutt’oggi la battaglia non è conclusa. Molti aspetti sono ancora vaghi ma una cosa è certa: Michiko e Tairyū Furukawa con il loro amore ci hanno insegnato a “vivere con un incessante e ardente desiderio”, perché è questo che conta veramente.
A prescindere dai frutti che raccoglieremo, nella vita dobbiamo lottare con passione e difendere la nostra “causa” interiore. Solo in questo modo non avremo sprecato la nostra esistenza.
FIORI PICCO
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