OBESITÀ: DALL’ESTETISMO ALLA MALATTIA
di Maria Teresa De Donato
L’obesità dal punto di vista estetico, culturale e psicologico
Per molto tempo il mondo occidentale ha identificato l’obesità prevalentemente come problema estetico. Fu alquanto sorprendente, quindi, anni fa guardare un documentario trasmesso da PBS (Public Broadcasting Service – corrispondente alla RAI italiana) che, nel considerare il concetto di bellezza femminile, menzionava come quest’ultima venisse percepita in maniera diversa, e conseguentemente definita, a seconda della cultura e dell’etnia. Uno degli aspetti principali che emerse dal video fu la considerazione che vedere la bellezza quale sinonimo dell’essere magri è un fenomeno che caratterizza prevalentemente la nostra società occidentale bianca. Secondo le informazioni che il documentario di PBS fu in grado di provvedere, gli americani di origine africana, e gli africani in linea generale, sono più inclini ad associare la bellezza con l’armonia delle forme che non con l’essere magri. Questo significa, ad esempio, che a prescindere se una donna sia in sovrappeso o persino obesa – almeno entri certi limiti – finché ha le sue “giuste curve” ed è ben proporzionata, ossia punto-vita e fianchi sono chiaramente difiniti, ha ancora la possibilità di essere considerata bella, attraente.
Tuttavia, molti concorderanno sul fatto che il concetto di bellezza ha subito drastici cambiamenti nel corso del tempo. Il risultato è stato che ciò che era considerato immagine ideale del corpo (femminile) e, di conseguenza, ideale di peso negli anni Cinquanta era già superato negli anni Settanta. Durante questi ultimi quarant’anni, il mondo della moda, il cui scopo non è certamente quello di prendere in considerazione l’essere umano in quanto a velocità o lentezza del proprio metabolismo, né le dimensioni e la struttura muscolo-scheletriche, né le conseguenze ed implicazioni dovute a malnutrizione e ad abitudini e stili di vita non sani, ha determinato, ed in armonia con ciò istruito il pubblico in maniera consona, che l’ideale del corpo femminile debba essere necessariamente molto magro, a volte persino discutibilmente simile all’anoressico. Questo ha indotto milioni di persone, soprattutto donne, a preoccuparsi molto, se non addirittura a divenire ossessionate, della loro apparenza portandole a fare di tutto per raggiungere quell’ideale di fisico che per la maggior parte di noi rappresenta semplicemente una mèta non realistica.
È superfluo ribadire, comunque, come il sentirsi bene ed in pace con se stessi e la propria apparenza fisica con le proprie dimensioni impatti la nostra fiducia in noi stessi. In effetti, le persone che hanno problemi con il proprio peso e la propria immagine esteriore, generalmente vanno incontro ad un maggiore livello di stress che non coloro che non ne hanno, per vari motivi che vanno dal non apparire fisicamente così come vorrebbero, o ritengono di dovere, al timore di essere criticati o persino derisi da altri a causa della loro mole abbondante o eccessiva, e questo, soprattutto se avviene negli anni dell’adolescenza quando il bisogno di sentirsi accettati dal gruppo raggiunge il suo apice. Tutti questi problemi possono peggiorare la situazione di molte persone che sono diventate in sovrappeso, o persino obese, a causa di abitudini alimentari eccessive causate da ragioni di natura emotiva e contribuire ulteriormente al problema intrappolando l’individuo in un circolo vizioso cui può sembrare impossibile sottrarsi.
Sebbene il documentario di PBS citato in precedenza costituisse davvero un’ispirazione in quanto a rivelare vari approcci alla bellezza secondo diverse prospettive culturali, quando, tuttavia, consideriamo l’obesità da un punto di vista medico ed analizziamo il suo impatto sulla salute, possiamo approdare a valutazioni e conclusioni completamente diverse. Infatti, come il Dr. Jeremy Kaslow – Medico Internista e Chirurgo che esercita la professione da venticinque anni nella contea Orange in California – ha correttamente ammesso riferendosi alla dieta e alla propria apparenze fisica, mentre il perdere peso “a qualunque costo” al fine di “indossare un particolare abito o sentirsi a proprio agio in un determinato costume da bagno ha a che vedere con la propria immagine esteriore…” il controllo o mantenimento del peso, al contrario, è da collegarsi al “conseguimento di una salute duratura” (Trivieri, L. & Anderson, J. W., 2002, p. 826)
L’obesità: Cos’è e quale ne è la causa
Un
recente articolo intitolato L’A.M.A. Riconosce l’Obesità quale
Malattia, e pubblicato online dal New York Times, ha cercato di riassumere
i principali problemi che questa porta con sè. Piuttosto interessante è
il fatto che l’articolo dichiari che “domandarsi se l’obesità sia una malattia
o meno è una questione semantica in quanto non esiste alcuna definizione su cui
tutti concordino su cosa costituisca la malattia…” (1 Luglio, 2013 -
http://www.nytimes.com/2013/06/19/business/ama-recognizes-obesity-as-a-disease.html?_r=0)
Navigare, infatti, tra le varie scuole di pensiero nel tentativo di determinare
quale sia una definizione appropriata della malattia richiederebbe molto tempo
e sforzo e ci porterebbe fuori strada rispetto all’argomento in oggetto, almeno
al momento. Grande è infatti, la differenza tra la corrente principale
legata alla medicina allopatica (tradizionale) – fondamentalmente basata solo su
ciò che può essere fisicamente dimostrabile attraverso le analisi
cliniche – e l’approccio olistico della medicina alternativa (o complementare),
il quale, prendendo in considerazione la complessità della vita umana e, di
conseguenza, della salute da un punto di vista non solo fisico, ma anche e
soprattutto spirituale, emotivo e mentale include anche tutto ciò che la
medicina convenzionale considera non dimostrabile, proprio perché invisibile,
ma che malgrado ciò contribuisce alla nostra salute e al nostro
benessere. Ciò premesso, esamineremo ora cosa esattamente sia
l’obesità e come e quando una persona possa o debba essere classificata obesa.
Il Free Online Medical Dictionary definisce l’obesità quale “accumulo anormale di grasso, generalmente nella quantità del 20% in eccesso rispetto al peso corporeo ideale” e distingue una obesità lieve l’eccesso oscillante tra il 20 ed il 40% del proprio peso; obesità moderata, quando l’eccesso è tra il 40 ed il 100% del proprio peso; e grave quando l’eccesso supera il 100%. L’indice della massa corporea (Body Mass Index or BMI) è considerato l’unità di misura per calcolare se una persona debba essere classificata obesa o no, con un BMI compreso tra 25.9 e 29 che indichi l’essere in sovrappeso ed un BMI superiore a 30 che conclami lo stato di obesità. (10 Luglio, 2013 - http://medical-dictionary.thefreedictionary.com/obesity)
Malgrado le differenze su ciò che possa costituire salute e malattia e su come affrontarle, oggi sia la medicina convenzionale sia quella alternativa sembrano concordare sul fatto che i due elementi principali che inducono una persona a diventare in sovrappeso o addirittura obesa sono un’alimentazione scorretta e non equilibrata ed uno stile di vita non sano. Fattori genetici ereditari, infatti, benché in alcuni casi possano aumentare le probabilità nell’avere problemi in quanto a mantenimento o perdita di peso, non determinano necessariamente il risultato finale. L’essere predisposti non implica, infatti, l’essere condannati ad ingrassare, ma solo che si è più portati di altri ad accumulare peso SE non si fa attenzione e non ci si informa su quali cibi mangiare, come combinarli tra loro, e SE non si evita di condurre una vita prevalentemente sedentaria.
Escludendo il fattore estetico menzionato in precedenza, l’obesità è una condizione seria che ha dimostrato di condurre ad una grande varietà di problemi di salute che include “malattie degenerative, problemi cardiaci, alcune tipologie di cancro, diabete, artrite e molte altre.” Inoltre “ipertensione, vene varicose, problemi renali, infertilità, calcoli biliari, e malattie al fegato (Balch J. F. & Stengler M., 2004, p. 390) hanno più probabilità a manifestarsi se si è in sovrappeso. Se ciò non fosse sufficiente, la conseguenza dell’obesità, che consiste in effetti in uno stato di elevata tossicità, è un sistema immunologico depresso e che rende la persona in sovrappeso più incline di altre ad ammalarsi per ogni sorta di ragioni. Ma perché l’obesità può essere definita uno stato altamente tossico? Cos’è che dà origine all’obesità? Inoltre, è l’obesità più diffusa in alcuni paesi piuttosto che in altri? Il seguente sottotitolo risponderà a queste domande.
Il nostro mondo moderno ed industrializzato e l’obesità.
Malgrado alcune persone nate e cresciute nelle nazioni occidentali sviluppate possano ignorarlo o persino avere difficoltà a credervi, nel corso dei secoli ci sono state molteplici civiltà – quali ad esempio gli Okinawa in Giappone, gli Hunzas, che furono scoperti solo agli inizi degli anni Venti dall’esercito britannico, ed i Karakorum, che vissero entrambi nella regione pakistana nordorientale dell’Himalaya; i russi Georgiani, Ablasiani e Azerbaijani; i Titicaca e i Vilcabamba dell’America del Sud; gli Hopi, i Thinglet e i Labrador del nord America (Day, 2007, pp. 8-12) – che sono passati alla storia per la loro incredibile salute e longevità con alcuni di loro che hanno raggiunto e persino superato i 120 anni dimostrando la metà della loro età, mantenendosi in forma e conducendo un’ampia gamma di attività fisiche, sport inclusi, sino alla loro morte. Tra questi popoli problemi di salute così diffusi nel nostro mondo occidentale, tra cui obesità, infarto, diabete e cancro, per menzionarne solo alcuni, erano del tutto sconosciuti e, se furono conosciuti, ciò avvenne solo dopo che queste popolazioni entrarono in contatto con gli occidentali ed abbandonarono le loro sane abitudini alimentari e di stile di vita. Alcuni aspetti comuni a questi popoli, e che sono emersi dai rapporti fatti dagli osservatori occidentali che entrarono in contatto con loro e vissero tra loro, furono identificati in una sana dieta prevalentemente vegetariana basata sul consumo di verdure, frutta, grani, un ridotto uso di proteine animali, uno stile di vita piuttosto attivo attraverso lavoro fisico e sport e/o giochi, e relazioni familiari e di comunità molto strette. Il tipo di alimentazione che queste civiltà utilizzarono ha caratterizzato per millenni altre popolazioni dell’Asia la cui dieta riflette gli insegnamenti e la filosofia dei due principali sistemi medici oggi in esistenza, ossia l’Ayurveda e la Medicina Tradizionale Cinese (TMC), le quali incoraggiano entrambe l’uso di alimenti integrali e di verdure e scoraggiano l’elevato consumo di proteine animali.
(fonte autrice)
Se oggi osserviamo lo stato di salute della popolazione mondiale, potremmo giungere alla conclusione che l’obesità sia soprattutto estesa nei paesi industrializzati e in quelli che lo stanno diventando, o – detto in maniera semplice – che sia il risultato di agiatezza economica e di abbondanza. Infatti, gli abitanti dei paesi del Terzo Mondo, specialmente coloro che vivono nelle campagne, si cibano di una dieta vegetariana, quando non addirittura vegana, e conducono una vita semplice benché piuttosto attiva da un punto di vista fisico, raramente sono in sovrappeso e tantomeno obesi. Il risultato del mondo industrializzato ed il suo impatto sulla dieta e sullo stile di vita sedentario di un popolo, entrambi elementi che contribuiscono all’epidemia di altre malattie degenerative che li seguono, sono visibili sotto i nostri stessi occhi. Secondo le informazioni che Phillip Day ha provveduto tramite il suo libro Health Wars (Guerre per la Salute) (2007), nel 2001 “una persona su cinque nel Regno Unito” era considerata “clinicamente obesa” dal National Audit Office del governo Britannico mentre il numero delle persone in sovrappeso era triplicato negli ultimi 20 anni, con il risultato che circa il 58% della popolazione Britannica era classificata in sovrappeso; ciò aveva portato a “più di 30.000 morti premature nel Regno Unito nel 1998” e ad una spesa pari a “2.6 miliardi di sterline per i trattamenti.” (p. 55)
I dati del regno Unito, comunque, non si discostavano molto da quelli degli USA che l’autore Patrick Holford ha menzionato nella sua opera The New Optimum Nutritional Bible con gli USA tristemente detentori del primato mondiale di obesità con il 60% degli americani in sovrappeso, il 30% degli obesi, ed il numero in continua crescita. La stessa fonte ha evidenziato anche come l’obesità aumentasse “il rischio di diabete di 77 volte” e, con esso, la possibilità di “malattie cardiache di 8 volte”, oltre a costare agli USA $117 miliardi di dollari e a reclamare la vita di circa 400.000 persone ogni anno. (2004, p. 316) Inoltre, benché fino a circa 15-20 anni fa fosse quasi impossibile vedere un asiatico in sovrappeso o obeso, la globalizzazione e l’esportazione del nostro mondo occidentale, con la sua dieta americana piuttosto malsana, in altri paesi hanno seriamente compromesso le loro equilibrate abitudini alimentari. Nel suo articolo China’s alarming increase in obesity blamed on more affluent lifestyle (Uno stile di vita più ricco è il responsabile dell’allarmante aumento di obesità in Cina), pubblicato su The Guardian l’8 agosto 2006, il corrispondente scientifico James Randerson ha denunciato “l’allarmante” tasso di crescita in Cina durante questi ultimi anni, “con quasi il 15% della popolazione in sovrappeso ed un aumento di 28 volte del problema nei bambini negli ultimi 15 anni” come il British Medical Journal ha riportato. Secondo il suo articolo, i motivi di tutto ciò erano da identificarsi in un consumo molto più elevato di carni e nell’aumento di uno stile di vita sedentario. Obesità, ed insieme ad essa, diabete e malattie cardiache, avevano iniziato l’ascesa raggiungendo un livello epidemico in questa antica civiltà dove per millenni tali malattie erano state estremamente rare. Il Professor Yangfeng Wu – Direttore del George Institute, Cina, Direttore Esecutivo Associato c/o l’Istituto di Ricerca clinica dell’Università di Pechino, Professore Onorario c/o il Georgia Institute for Global Health della facoltà di Medicina dell’Università di Sidney, Australia, ed anche membro dell’Accademia cinese di Scienze Mediche a Pechino – che è responsabile del programma per il controllo dell’obesità del paese, ha ammesso che secondo le statistiche cinesi del 2002 il 14.5% dei cinesi, equivalente a 184 milioni di persone, era in sovrappeso ed il 2.6%, ossia circa 31 milioni, già obeso. L’aspetto più drammatico che emergeva da questi dati era, quindi, il tasso a cui sovrappeso ed obesità stavano aumentando, cioè “di 28 volte tra il 1985 ed il 2000 nei giovani di età compresa tra i 7 ed i 18 anni”, il che significava che “un quinto della popolazione mondiale in sovrappeso o obesa” era cinese. Come ha riassunto il Professor Barnett, Responsabile del gruppo di studio sul diabete e sull’obesità dell’Università di Birmingham, “occidentalizzazione” e “urbanizzazione” avevano contribuito allo sconvolgente cambiamento nell’alimentazione e nello stile di vita determinando l’epidemia di obesità e di altre malattie degenerative ad essa correlate. Il risultato era stato che una civiltà millenaria come quella cinese, la cui dieta tradizionale era composta prevalentemente da riso e verdure, ora vede “l’eccesso di grasso nel corpo quali [sinonimi di] salute e prosperità” – come il Professor Wu afferma. (2006) (18 Luglio, 2013 –
http://www.guardian.co.uk/world/2006/aug/18/china.mainsection).
E come se l’obesità non fosse abbastanza, come Janet Larsen ha riportato nel comunicato dell’Earth Policy Insitute – Plan B Aggiornamento del 25 Maggio 2011, “il cancro è ora la ragione principale di morte in Cina” e causa, secondo il Ministero della Salute Cinese, di circa un quarto delle morti nella nazione. (18 Luglio, 2013 – www.earth-policy.org/plan_b_updates/2011/update96)
Questi dati sembrano confermare la nostra precedente affermazione che l’obesità sia il risultato di prosperità economica e di abbondanza. Tuttavia, benché essa sia in effetti correlata ad un maggior consumo di cibo, così spesso sfortunatamente incoraggiato dalle politiche commerciali del “all you can eat” (mangia tutto ciò che puoi) così diffuse nel mondo occidentale ad iniziare proprio dagli USA, la realtà è molto più complessa. Quando noi non alimentiamo il nostro corpo provvedendogli tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno per mantenersi in salute ed equilibrio, il nostro corpo continua a chiedere sempre più cibo fin quando si sente appagato. Cibi processati e raffinati, che sono stati privati della maggior parte delle loro sostanze nutritive attraverso i rispettivi processi industriali, rivestono un ruolo particolare: questi trattamenti consentono ai prodotti di apparire bianchi, colore che, secondo le indagini di mercato, li rende più appetibili al pubblico e, conseguentemente, porta ad un numero maggiore di vendite e a profitti più elevati. Questi processi di raffinazione, tuttavia, contribuiscono fortemente alla produzione di cibi dal valore nutritivo molto basso o totalmente assente. Tali fattori spiegano il bisogno di molta gente che usa carboidrati bianchi semplici ad aumentarne nel tempo il consumo al fine di soddisfare la carenza di sostanze nutritive di cui il corpo avverte il disperato bisogno e di cui è stato così a lungo privato.
La prima conseguenza di questi tipi di alimenti dal valore nutrizionale basso, quando non addirittura assente, è uno stato di elevata carenza di minerali che conduce a malattie degenerative. Un esempio di cibo fondamentale considerato da entrambi i sistemi medici in precedenza menzionati – ossia l’Ayurveda, che è il più antico in senso assoluto e risale a circa 5000 anni fa, e la Medicina Tradizionale Cinese – quale strumento “per rafforzare il corpo e nutrire mente e cuore” è il chicco di grano che, venendo sottoposto “ai metodi di produzione industriale” di raffinazione e processamento “viene spogliato di tutti i suoi valori essenziali” (Pitchford, 2002, p. 8) e, di conseguenza, perde tutta la sua storica efficacia.
Tra le maggiori carenze causate dall’uso di prodotti raffinati, ci sono quelle legate al selenio e al magnesio. La carenza di selenio porta all’ipotiroidismo, conosciuto anche come tiroide lenta, un problema che negli USA affligge cinque volte di più le donne che gli uomini. Inoltre, obesità ed ipotiroidismo sono strettamente interconnessi in quanto, dal momento che il selenio impatta il passaggio da thyroxine (T4) a triiodothyronine (T3), che facilita l’assorbimento delle sostanze nutritive, la sua carenza rallenta questo processo portando al sovrappeso o addirittura all’obesità. Un consumo insufficiente di selenio permette anche l’accumulo di materiali pesanti a causa del fatto che il selenio – quando, al contrario, è presente in misura adeguata – si lega ad essi combattendone la tossicità così come l’attività di diversi tipi di virus, incluso l’HIV. Al contrario, una dieta equilibrata e contenente una quantità sufficiente di selenio previene “invecchiamento prematuro, malattie cardiache, artrite, e sclerosi multipla.” (Pitchford, 2002, pp. 8, 9)
(fonte autrice)
La carenza di magnesio, anch’essa causata dall’elevato consumo di cibi raffinati, caratterizza quasi “il 70% della popolazione degli Stati Uniti” e, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, è responsabile di “ristagno, improvvisi cambiamenti nel corpo, nelle emozioni e nella mente” ed evidenzia “lo squilibrio tra fegato e cistifellea”. Al contrario, le proprietà altamente benefiche e curative del magnesio possono prevenire e/o combattere “irritabilità, depressione, disturbo bipolare, problemi del sonno, e PMS (sindrome premestruale):…emicranie, sindrome di morte infantile improvvisa, crampi e spasmi in qualsiasi parte del corpo…., costipazione, e improvvisi squilibri di zucchero nel sangue nei casi di alcolismo e diabete.” (p. 9)
Benché ciò possa sorprendere qualcuno, coloro che vivono in paesi sottosviluppati e la cui dieta si basa prevalentemente su consumo di piante e, quindi, su una quantità più elevata di legumi – quali fagioli, soia, piselli, lenticchie, ceci e molti altri – insieme a grani integrali e semi, non soffrono di carenza di magnesio poiché le piante sono molto più ricche di questa sostanza nutritiva di quanto non lo siano le proteine animali. Al contrario, la carenza di magnesio è tra gli aspetti che caratterizza la scarsa qualità della dieta dell’americano medio e che, consistendo prevalentemente di cibi poveri di valore nutritivo, limitate fibre alimentari e di molti grassi, inclusi carni processate, zuccheri grassi, alcool, prodotti in scatola e cibi processati, conservanti, e tossine non solo sono causa di malnutrizione, ma, non includendo il quantitativo necessario di fibre di cui il corpo necessita quotidianamente per prevenire ed eliminare l’accumulo di tossine, preclude il mantenimento della salute del colon e compromette ulteriormente il sistema immunitario. Il risultato di tutto ciò è l’autointossicazione, ossia un serio stato di avvelenamento generato all’interno del corpo e causato da sostanze tossiche, quali microorganismi, parassiti e flora patogena, rifiuti metabolici ed altre tossine ingerite attraverso cibi o sostanze chimiche usate sia per l’igiene personale sia per altre attività di pulizia.
Un altro importante aspetto che contribuisce all’obesità è l’elevato quantitativo di zucchero consumato e la sua scarsa qualità. Il termine zucchero racchiude un’ampia gamma di prodotti che vanno dal destrosio, derivante dagli amidi, al fruttosio, contenuto nella frutta, al lattosio, del latte, al maltosio, dal malto, al saccarosio, che è un prodotto raffinato derivante dalla canna e dalla barbabietola che la gente usa generalmente nel proprio tè, caffè, dolci ed è contenuto nelle bavende a base di soda, e da cui “Sali, fibre, enzimi, proteine, vitamine, e minerali sono stati rimossi.” (Day, 2007, p. 98)
Allarmante è anche il fatto che i cibi cui è stato aggiunto zucchero e che la gente acquista e consuma regolarmente hanno raggiunto circa gli 8.68 milioni di tonnellate ogni anno, il che equivale a 73 pounds (Kg. 33,11) a persona l’anno e rappresentano il 25% del totale delle calorie consumate solo negli USA rispetto al non più del 10% di uso a persona consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) (Holford, 2004, p. 44). Inoltre, secondo una sintensi dei dati del Centro Nazionale per le Statistiche sulla Salute (NCHS) pubblicata nel maggio 2013 dal Centro per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (CDC) sotto il titolo Consumo di zuccheri aggiunti nella popolazione americana adulta, 2005-2010, uomini e donne di colore non ispanici consumavano una percentuale totale di calorie da zuccheri aggiunti superiore a quella dei bianchi e degli americani di origine messicana, sia uomini che donne, con un incremento di tale consumo che includeva dolcificanti aggiunti ai cibi processati e già preparati e collegati ad una diminuzione nell’assunzione di micronutrienti essenziali [1, 2] e un aumento del peso corporeo [3]. Benché secondo questa fonte la statistica mostrasse che la maggioranza di zuccheri aggiunti proveniva dai cibi piuttosto che dalle bevande, l’articolo evidenziava come precedenti ricerche avessero dimostrato che quando cibi e bevande vengono separate in articoli distinti le bevande contenenti soda rappresentano la fonte principale di aggiunta di zucchero, almeno degli adulti di età compresa tra i 18 ed i 54 anni [6], con un terzo delle calorie da aggiunta di zuccheri che viene consumato tra gli adulti, 40% delle calorie derivanti da zuccheri aggiunti consumati nelle bevande da bambini ed adolescenti [5] e prescindendo dal fatto che gli zuccheri aggiunti provenissero da cibi o bevande, la maggioranza delle calorie derivanti da zuccheri aggiunti così come il totale delle calorie consumate in casa sia da adulti che da ragazzi (29 Luglio, 2013 –
http://www.cdc.gov/nchs/data/databriefs/db122.htm)
Lo zucchero è fondamentale alla nostra esistenza in quanto bruciando si trasforma in energia di cui il nostro corpo ha bisogno per funzionare in maniera corretta. La sua principale utilità somiglia molto a quella che la benzina provvede alla nostra autovettura: bruciando essa permette al motore di funzionare consentendo al conducente di andare dove deve. Tuttavia, mentre un uso moderato dello zucchero naturale è necessario per una corretta assunzione di energie, una quantità eccessiva di zucchero raffinato è altamente deleteria alla salute in quanto “s’immette velocemente nel circolo ematico [sangue] in quantità elevata provocando una sensazione di shock allo stomaco e al pancreas.” (Pitchford, 2002, p. 198). Ciò produce una condizione acida che impatta negativamente il nostro corpo provocando la perdita di minerali e calcio, quest’ultimo causando problemi alle ossa, ed un indebolimento del sistema digestivo che non permette al cibo di essere digerito efficacemente. Conseguenze di questo processo sono uno squilibrio di zuccheri nel sangue e la voglia (percepita) di ulteriore zucchero.
È importante, comunque, tenere in considerazione che più che il quantitativo di consumo di calorie in sé, il problema reale, quando si parla di obesità, è rappresentato dal nostro metabolismo, ossia dall’abilità e velocità con cui il nostro corpo trasforma in grasso il cibo che mangiamo e trattiene il livello di zucchero nel sangue in equilibrio. Una volta che il nostro corpo non è più in grado di mantenere lo zucchero nel sangue in una situazione di equilibrio, uno stato di squilibrio, ossia di insulino-dipendenza, compare. In questo caso il livello di zucchero nel sangue subisce un reale sconvolgimento: quando il livello è troppo alto, lo zucchero si transforma in grasso; quando è troppo basso, il corpo manca dell’energia sufficiente di cui ha bisogno per effettuare la propria attività in maniera efficiente e la persona si sente letargica. Nel corso di questi alti e bassi, quando il livello di zucchero nel sangue è alto il corpo produce insulina attraverso cui lo zucchero passa dal sangue alle cellule e converte lo zucchero in eccesso di grasso. Ne consegue che più è alto il livello di zucchero nel sangue, più insulina è prodotta, e più insulina è prodotta, maggiore è la quantità di zucchero che si trasforma in grasso finché le cellule del corpo rallentano la loro risposta, divenendo insulino-resistenti e causando una produzione di insulina ancora più elevata. Alla fine, quando le cellule cessano completamente di rispondere a questo meccanismo, si manifesta il diabete. (Holford, 2004, pp. 316, 317)
L’obesità come malattia: Cosa fare dopo.
Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanitá (WHO) definì la salute quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia o infermità.” Così facendo, e malgrado il forte impatto che il concetto materialistico newtoniano occidentale della medicina potesse aver esercitato, attraverso tale definizione la WHO dimostrò di aver preso in considerazione tutti quei fattori invisibili, non tangibili, e a volte non dimostrabili – quali emozioni, convinzioni, e psyche – che pur contribuiscono alla salute, o alla mancanza di essa, come Ayurveda, Medicina Tradizional Cinese ed Omeopatia hanno riconosciuto nel corso dei secoli grazie al loro approccio olistico alla vita in generale e alla salute in particolare.
Nel fare riferimento alla definizione di malattia secondo TCM, il Dr. Andrew Weil ha spiegato nella sua opera Guida Alla Salute Ottimale che una malattia fisica è la conseguenza di una non-materiale, ossia il risultato di uno squilibrio o blocco energetico che se non viene liberato e messo nella condizione di scorrere liberamente all’interno e all’esterno del nostro corpo, si materializza assumendo la forma di malattia fisica (Weil, 2002, CD 1). Detto ciò e considerando tutte le devastanti conseguenze che l’obesità porta con sé, non possiamo che concordare con l’Associazione Medica Americana e la sua recente ammissione che l’obesità è, in effetti, una malattia. Nel far ciò, possiamo essere grati nel vedere che non solo l’obesità è stata finalmente classificata, ma anche nel realizzare che la distanza tra la corrente medica principale e la medicina alternativa si è assottigliata facendo avvicinare un po’ di più l’uno all’altro i due sistemi medici almeno su questo importante aspetto della salute umana.
Durante questi ultimi trent’anni, e nel tentativo di combattere l’obesità, abbiamo assistito alla comparsa e scomparsa di centinaia di diete e programmi per la perdita di peso – da quelle/i che limitavano il consumo di carboidrati a quelle/i che riducevano l’assunzione di grassi e zuccheri – ognuna/o delle/i quali sosteneva di essere in grado di consentire alla gente di dimagrire e, in alcuni casi, anche in tempi estremamente brevi. Benché un’esigua minoranza sia riuscita a raggiungere questa mèta, la verità è che, nella maggioranza dei casi, quasi tutti questi programmi sembrano aver miseramente fallito. La ragione principale di tale fallimento è molto semplice: per quanto fossero di moda, questi programmi non hanno preso in considerazione il fabbisogno specifico del singolo individuo in termini di nutrizione portando ad una situazione di squilibrio e, di conseguenza, a risultati positivi, in termini di peso, solo per breve tempo e per pochi. La conseguenza è stata che, nel tentativo di recuperare ciò di cui era stata privata, una volta che la dieta era terminata, la persona è tornata alle sue vecchie abitudini alimentari e di stile di vita nel tentativo di soddisfare questo fabbisogno. Così facendo, centinaia di migliaia di persone, se non milioni, non solo hanno recuperato il peso precedentemente perso, ma hanno finito con il pesare persino più di quanto non pesassero al tempo in cui avevano iniziato il programma.
Per concludere, ora che abbiamo finalmente concordato che l’obesità è in effetti una malattia e dovrebbe essere trattata come tale, il nostro interesse principale dovrebbe essere, quali individui, comunità e nazione, lavorare insieme in termini di educazione e prevenzione. “Prevenire è meglio che curare” recita un antico proverbio. Malgrado ciò sia vero, la prevenzione non può aver luogo senza un’educazione appropriata circa sane abitudini alimentari e di stili di vita. Tutto ciò dovrebbe iniziare sin dalla più giovane età, quindi all’asilo, al fine di istruire sia bambini che famiglie sulle proprietà dei cibi, il fabbisogno nutrizionale quotidiano, uno stile di vita equilibrato e proprio esercizio fisico. Infatti, diventare consapevoli del modo appropriato di cibarsi, pur godendo della grande varietà di cibi e sostanze nutritive di cui il nostro corpo ha regolarmente bisogno, è fondamentale per la nostra salute. Inutile dire che essere attivi, fare regolare esercizio fisico inziando con il camminare ogni singolo giorno ed evitando una pigra attitudine che è causa di uno stile di vita sedentario pericoloso e che ci danneggia impedendo al nostro corpo di bruciare le calorie in eccesso e che contribuisce alla lunga non solo all’obesità, ma anche, come abbiamo fino ad ora considerato, ad un numero infinito di problemi di salute incluse malattie degenerative, è fondamentale.
Alla fine, quindi, educare e prevenire sono fattori assolutamente necessari, benché la vera sfida per molte persone sia assumersi la responsabilità per la propria vita e, di conseguenza, per la propria salute. Questo, tuttavia, è possibile solo per mezzo di uno sforzo congiunto tra volontà, determinazione, e consapevolezza sul da farsi e con l’iniziare a smettere di usare vecchi modi di ragionare e di giustificare cattive abitudini che hanno portato così tanti individui in particolare, e il nostro paese (USA) in generale, a detenere lo sfortunato primato mondiale di obesità e malattie ad essa correlate o da essa causate, rieducando le loro menti al fine di comprendere che l’obesità non è un semplice problema estetico, ma una vera e propria malattia che può e deve essere evitata e la cui manifestazione è, generalmente, non il risultato di un avverso destino, ma piuttosto di scelte e comportamenti non sani.
Maria Teresa De Donato©2013-2015, 2021 All Rights Reserved.
Il presente articolo e stato pubblicato anche al seguente link:
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References
Balch, J. F. & Stengler, M. (2004). Prescription for NATURAL CURES. Obesity.
(p. 390). Haboken, NJ: John Wiley & Sons, Inc
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