martedì 23 settembre 2025


 Settembre non lascia scampo. L’estate è finita, si chiudono le vacanze e si torna tra i corridoi della scuola. C’è chi lo vive con entusiasmo, chi con paura, chi con una stanchezza che non vuole ammettere. Il ritorno tra i banchi è sempre una sfida: nuovi compagni, nuovi professori, nuove regole da imparare. È in questo clima che un libro come Il principe dei colori di Cristiano Pedrini trova il suo spazio naturale. Perché parla proprio di questo, di scuola, di emozioni che esplodono e di segreti che non si dicono mai ad alta voce.


Il protagonista è Leonardo. Non uno qualunque: lui lascia la vita che conosce per trasferirsi a Ōsaka e iniziare un percorso nuovo alla Ōtemae School, una delle scuole più prestigiose della città. Già questa scelta basterebbe per dare il tono alla storia: cambiare città, cambiare abitudini, trovarsi immerso in un contesto che sembra più grande di te. Una sensazione che molti studenti conoscono bene.

La scuola che troviamo nel romanzo non è solo un edificio di mattoni e aule. È un universo. Dentro quelle mura succede di tutto: risate che scoppiano nei corridoi, amicizie che nascono nei momenti più impensati, rivalità che si accendono per una parola detta male. È così che funziona davvero la vita scolastica, ed è per questo che il libro sa di verità. Non racconta un mondo perfetto, ma un microcosmo pieno di sfumature.

Leonardo è un ragazzo particolare. Gli altri lo vedono come un enigma, una presenza che sfugge, che non si lascia incasellare. Lui è fatto di silenzi e di colori, come dice il titolo stesso, e proprio per questo incuriosisce. Tutti lo osservano, pochi riescono a capirlo. È un tipo di protagonista in cui tanti adolescenti possono riconoscersi  timoroso ma che ma in realtà nasconde coraggio e determinazione. C’è Haruka, che ha una sensibilità rara, quella di leggere negli altri senza sforzo, come se le emozioni fossero scritte in chiaro. C’è Minato, con lo sguardo tagliente che non lascia trapelare quasi nulla, ma che ha dietro un mondo difficile da aprire. E poi Yamamoto, Eiko, Izumi, ognuno con una voce distinta in questo coro che racconta la scuola.

Non è solo un insieme di caratteri. C’è qualcosa che incombe, un’ombra che aleggia nei corridoi e che nessuno vuole nominare. È un mistero che resta sospeso, che non viene detto ma che tutti sentono. Questo elemento dà alla storia una tensione particolare, un’aria di segreto che rende ogni scena più intensa. La scuola diventa allora non solo un luogo di formazione ma anche di scoperta, di indagini interiori e collettive.

Perché leggerlo proprio a settembre? Perché i ragazzi che rientrano a scuola vivono esattamente quello che c’è tra queste pagine. L’agitazione del primo giorno, il bisogno di essere accettati, la curiosità di scoprire chi si avvicinerà a loro. Le nuove amicizie che si formano in pochi attimi e che a volte durano una vita. I contrasti che nascono senza motivo e che sembrano enormi, perché tutto in adolescenza ha il volume al massimo. Questo libro accompagna il lettore dentro quell’universo senza filtri, e lo fa con naturalezza.

È un romanzo che non si limita a raccontare, ma invita a guardare la scuola con occhi diversi. Non come un dovere, ma come un palcoscenico in cui si cresce. Dove si prendono decisioni che sembrano piccole ma che poi segnano il cammino. Dove i sogni vengono rimandati e poi tornano a bussare, più forti di prima. Dove ogni amicizia, anche la più fragile, lascia un segno.

La scrittura di  Cristiano Pedrini non costruisce una favola, non idealizza. Restituisce emozioni concrete, situazioni in cui chiunque può riconoscersi. Per questo il libro funziona bene non solo con i ragazzi, ma anche con chi la scuola l’ha lasciata da tempo. Gli adulti ci possono ritrovare i propri ricordi, le proprie ansie adolescenziali, le aspettative che avevano e che magari non hanno mai detto a nessuno.

Un romanzo come Il principe dei colori è quindi perfetto per settembre perché trasforma il ritorno in classe in un’occasione di riflessione e di crescita. Non parla solo di Leonardo, ma di ogni studente che ha affrontato un cambiamento, che ha avuto paura di non essere accettato, che ha provato la gioia di stringere un’amicizia vera. È un libro che non dà risposte facili ma che accompagna, e questa è la sua forza.

Alla fine quello che resta non è solo la trama, ma la sensazione di essere entrati in una scuola viva, reale, fatta di voci, di risate, di paure e di segreti. È un invito a guardare l’anno scolastico con meno timore e più curiosità, a viverlo come un viaggio che può sorprendere.

Il principe dei colori di Cristiano Pedrini è, in poche parole, una storia che aiuta a rendere settembre meno pesante e più luminoso. Una lettura che parla con sincerità e che mostra la scuola non come un semplice dovere quotidiano, ma come un luogo dove nascono esperienze e legami che durano.

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